8 Settembre: la festa della Città di Prato
Da oltre otto secolia Prato si celebra l'otto settembre, giorno della natività della Madonna.
La Natività della Beata Vergine Maria è una festa liturgica della Chiesa Cattolica e della Chiesa Ortodossa che ricorda la nascita di Maria. La festa è nata dapprima in Oriente; è stata introdotta nella chiesa d'Occidente dal Papa Sergio I.
Per la Chiesa Ortodossa la nascita di Maria riveste un'importanza particolare ed è computata come una delle 12 feste maggiori.
Nella tradizione cattolica la festa è celebrata in tante località. Molte Chiese sono dedicate alla Natività della mare di Dio, fra cui il Duomo di Milano.
Secondo la tradizione tramandata dal Protovangelo di Giacomo, uno dei Vangeli Apocrifi, Maria è nata da Gioacchino ed Anna.
Nella tradizione agricola il ricordo della nascita di Maria coincide con il termine dell'estate e dei raccolti.
In occasione di tale festa, la città di Prato, fin dal Duecento, ospitava una fiera che richiamava una grande folla e durava tre giorni, nei quali si svolgevano riti civili e religiosi: dopo il vespro si muoveva verso la cattedrale una grande processione, formata dal clero, i suonatori dei Comuni, le corporazioni artigiane, il gonfaloniere, il Podestà e altri magistrati, a cui si aggiunsero col tempo tre baldacchini con reliquie di S. Stefano, S.Anna e del legno della Croce.
Dal XIV secolo l8 settembre fu dedicato all’ostensione pubblica della Cintola di Maria, per cui il momento culminante dei tre giorni della fiera, e quindi dell’intera festa, divenne la cerimonia dell’esposizione della Sacra Cintola, per molti anni ripetuta sino a tre volte lo stesso giorno e talvolta anche il giorno dopo per accontentare i numerosi fedeli.
La Sacra Cintola è una cintura di stoffa di pelo di cammello color verde, intessuta di fili d'oro, con delle piccole nappe terminali. Di norma viene mostrata in pubblico cinque volte l'anno: Natale, Pasqua, I° maggio, 15 agosto e 8 settembre.
Nei secoli la sacra reliquia è stata venerata da principi e imperatori, santi, vescovi e papi.
Giovanni Paolo II la venerò il 19 marzo 1986 durante la sua visita a Prato. In occasione del VI° centenario della traslazione, la Sacra Cintola è stata venerata dal Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, dai vescovi della Toscana riuniti in conferenza e da oltre trentamila fedeli.
Il suono delle chiarine dei Valletti del Comune di Prato, dal pulpito di Donatello in Piazza del Duomo, annuncia l'inizio del rito dell'Ostensione della Sacra Cintola.
La sacra Cintola era ed è tutt’ora conservata nella cappella del Duomo e per rendere omaggio a questa reliquia, si tiene un Corteggio Storico.
Il Corteggio storico viene aperto dagli armati di Città e dal Corpo dei Valletti Comunali, dopo i quali sfilano circa ottocento figuranti provenienti da tutta Italia che, con i loro costumi d'epoca ed i loro intrattenimenti, attraversano le vie del centro fino ad arrivare in piazza del Duomo. Al corteggio storico partecipano le più importanti città toscane.
Il Vescovo Diocesano ed il Sindaco di Prato, con il clero officiante ed i testimoni, dopo aver assistito al Corteggio dal sacrato del Duomo entrano in Cattedrale per l'Ostensione della Sacra Cintola: è il momento religioso più solenne della giornata. Usando contemporaneamente le tre chiavi, due delle quali tenute dal Comune ed una dalla Curia, la reliquia della Vergine viene estratta dalla teca custodita nell'altare della Cappella del Gaddi e mostrata al popolo dal Pulpito di Donatello.
Una tradizione
risalente al IV secolo riporta le prime notizie di una sacra cintura conservata
a Bisanzio, che aveva avvolto il ventre della Madre di Dio.
Il termine Madre di Dio, al posto del nostro termine Madonna (Mea Domina, mia Signora) meglio esprime il tema della maternità cosmica che scaturisce dall'impatto dell'archetipo di Dio con le realtà collegate alla "creazione della materia"apparentemente dal nulla: il ventre femminile e , in identità con questo, la terra.
A questi si aggiungono altri archetipi come quelli di oscurità-profondità, del tepore e dell'umidità, in una visione di solito ricollegata al mondo agricolo ma anche connessa con la precedente fase legata alla caccia e alla raccolta.
Questo lato dell'archetipo del "divino femminile"esprime una serie di pulsioni che possono essere definite come amore, protezione, comprensione per la vita che porta in grembo e che nascerà a perpetuare la vita medesima.
Un aspetto del divino, quello femminile, che non a caso esploderà nel nostro basso medioevo, quando sulla spinta dei grandi rivolgimenti economico sociali che accompagnano la traumatica rivoluzione urbana, nasce il bisogno di una religiosità più caritatevole, misericordiosa e in poche parole "materna", che si esprime nelle numerose raffigurazioni di Madonne con Bambino.
E non a caso Datini, il mercante che usa a scopo sociale le sue ricchezze, fondando la Casa Pia dei Ceppi o Ceppo de' Poveri, sin dall'inizio pone la sua istituzione sotto l'egida della Madonna (la Madonna del Ceppo dipinta da Filippo Lippi).
Il culto mariano, di grandissima rilevanza a Prato può essere assunto come filtro interpretativo dell'intera storia cittadina con la Madonna del Ceppo come espressione del momento del sostegno, la Madonna della Cintola invece come espressione di indipendenza e autonomia, ma anche di difesa, la Madonna delle Carceri infine, espressione della crisi, che ormai attanaglia la città.
In quest'ottica la Cintola è qualcosa di più di una reliquia attorno alla quale si raccoglie la devozione del popolo di Prato, è il Palladio della città. Il tentativo di furto della Cintola da parte di Musciattino e altri leggendari tentativi da parte dei pistoiesi sono della stessa tipologia di quello perpetrato a Troia da Ulisse e Aiace con il Palladio (l'immagine sacra di Pallade Atena ), solo che in quel caso il furto riuscì, la città perse la sua protezione divina e potè essere vinta.
Oltre che simbolo legato al tessile, per l'intimo collegamento che troviamo già
in epoca arcaica fra la tessitura, strettamente connessa all'agricoltura e alla
città, e le divinità femminili piene di misericordia e amore, la cintura è però
anche il simbolo di un cerchio che protegge e lega e nel medioevo la sua
importanza era accresciuta dal fatto che alla cintola si appendevano gli
oggetti più importanti: le chiavi, la borsa dei denari, ma anche la spada.Il termine Madre di Dio, al posto del nostro termine Madonna (Mea Domina, mia Signora) meglio esprime il tema della maternità cosmica che scaturisce dall'impatto dell'archetipo di Dio con le realtà collegate alla "creazione della materia"apparentemente dal nulla: il ventre femminile e , in identità con questo, la terra.
A questi si aggiungono altri archetipi come quelli di oscurità-profondità, del tepore e dell'umidità, in una visione di solito ricollegata al mondo agricolo ma anche connessa con la precedente fase legata alla caccia e alla raccolta.
Questo lato dell'archetipo del "divino femminile"esprime una serie di pulsioni che possono essere definite come amore, protezione, comprensione per la vita che porta in grembo e che nascerà a perpetuare la vita medesima.
Un aspetto del divino, quello femminile, che non a caso esploderà nel nostro basso medioevo, quando sulla spinta dei grandi rivolgimenti economico sociali che accompagnano la traumatica rivoluzione urbana, nasce il bisogno di una religiosità più caritatevole, misericordiosa e in poche parole "materna", che si esprime nelle numerose raffigurazioni di Madonne con Bambino.
E non a caso Datini, il mercante che usa a scopo sociale le sue ricchezze, fondando la Casa Pia dei Ceppi o Ceppo de' Poveri, sin dall'inizio pone la sua istituzione sotto l'egida della Madonna (la Madonna del Ceppo dipinta da Filippo Lippi).
Il culto mariano, di grandissima rilevanza a Prato può essere assunto come filtro interpretativo dell'intera storia cittadina con la Madonna del Ceppo come espressione del momento del sostegno, la Madonna della Cintola invece come espressione di indipendenza e autonomia, ma anche di difesa, la Madonna delle Carceri infine, espressione della crisi, che ormai attanaglia la città.
In quest'ottica la Cintola è qualcosa di più di una reliquia attorno alla quale si raccoglie la devozione del popolo di Prato, è il Palladio della città. Il tentativo di furto della Cintola da parte di Musciattino e altri leggendari tentativi da parte dei pistoiesi sono della stessa tipologia di quello perpetrato a Troia da Ulisse e Aiace con il Palladio (l'immagine sacra di Pallade Atena ), solo che in quel caso il furto riuscì, la città perse la sua protezione divina e potè essere vinta.
Quando si ordinava un cavaliere gli si consegnava il vessillo con il suo stemma e lo si cingeva con il cingulum militare, la cintura con appesa la spada.
Avere come palladio della città la cintura della Madonna assumeva quindi un valore molto importante: Prato affermava la propria indipendenza da ogni padrone e si dava in feudo a Nostra Signora.
Secondo la
tradizione la Cintola della Madonna, un pezzo di stoffa di lana color verde,
lungo circa 90 centimetri, con ai capi delle cordicelle per legarlo, sarebbe da
identificare con la cintura che Maria avrebbe donato a San Tommaso al momento
della propria ascensione in cielo.
La leggenda, già consolidata nel Duecento, vuole che questa reliquia sia stata
portata a Prato intorno al 1141 da un mercante, un certo Michele Dagomari da
Prato (o da Borgo al Conio, come si chiamava la città prima del XII secolo)
che, trovandosi un giorno in Palestina, conobbe una ragazza, se ne innamorò e
volle sposarla. Il padre era contrario al matrimonio di sua figlia con uno straniero,
mentre la madre si disse favorevole; e il giorno delle nozze regalò a Michele
un oggetto preziosissimo: la cintura che, secondo una credenza popolare, era
servita a Maria Vergine - dodici secoli prima - per cingere alla vita la sue
vesti.
Tornato in patria, Michele l' avrebbe poi conservata gelosamente per anni per poi donarla in punto di morte, nel 1172 circa, alla Pieve di Santo Stefano (che ancora oggi la conserva).
In seguito la cintola cominciò anche ad operare miracoli - ciechi riavevano la vista, zoppi riprendevano a camminare, indemoniati
venivano liberati dal maligno... - e la sua fama debordò dai confini pratesi.
Riconosciuta come reliquia dalle autorità ecclesiastiche, la Cintola divenne oggetto di venerazione e di culto, richiamando fedeli e pellegrini da città e terre anche lontane.Fu tutto un affluire di popolo, ma anche di grandi personaggi che facevano a gara nell'impetrare grazie e richiedere miracoli, ma anche nel lasciare oboli e donazioni.
Fra i numerosi devoti compaiono sovrani come Luigi II d' Angio', re di Sicilia e di Gerusalemme che, venuto a Prato per motivi politici, volle anche rendere omaggio alla Madonna della Cintola, principi come Francesco Gonzaga, personaggi illustri come Matteo d' Humières, ambasciatore di Carlo VI, che chiese ed ottenne un permesso speciale dalla Signoria fiorentina proprio per poter vedere la preziosa reliquia, ospite anch' egli come i precedenti, di Francesco di Marco Datini nella sua dimora.
Oggetto sacro dal potere taumaturgico, fulcro della devozione cittadina ma anche del sentimento civico, la Cintola favori' la crescita del prestigio e dell' autonomia del clero locale nei confronti del Vescovo di Pistoia, alla cui diocesi Prato apparteneva, e servi' a potenziare l' identità della città agli occhi degli estranei.
Nel 1400 la popolarità della reliquia era così vasta che il capitolo della Chiesa pratese dovette prendere drastici provvedimenti per salvaguardare la sua integrità, visto che c’erano anche stati numerosi tentativi di furto. Il più famoso fu quello di Giovanni di ser Landetto da Pistoia, chierico secolare ribattezzato Musciattino,nella notte fra il 27 e il 28 luglio 1312. Il 28 luglio, in ricordo di quel tentato furto sacrilego, la Chiesa di Prato venera la Madonna sotto il titolo «Del Sacro Cingolo». La ricorrenza non è molto conosciuta, anche perché il popolo pratese è solito venerare con particolare solennità la preziosa reliquia nel giorno della Natività di Maria, l’8 settembre, che per i pratesi è festa grande, religiosa e civile assieme. Ma la festa vera e propria della Madonna del Sacro Cingolo è proprio il 28 luglio.
Il furto del Musciattino è indubbiamente fatto storico, anche se intriso di leggende, che ne hanno elaborato diverse versioni:
una versione narra che egli fu assoldato dai pistoiesi (ma una differente versione lo vuole pistoiese ma al soldo dei fiorentini) tentava un’impresa inaudita: rubare una delle reliquie più venerate di tutta la Toscana, per giunta simbolo stesso della rivale città di Prato.
La sua sottrazione avrebbe intaccato infatti il prestigio e la specificità della città e non sono un caso l' origine del ladro e la destinazione della reliquia, che rimandano alle due potenti nemiche e vicine, Pistoia e Firenze.
Oltre che simbolo della religiosità cittadina, la reliquia mariana era anche chiara testimonianza dell' aspirazione comune ad una identità collettiva ed è per questo che riuscì a coinvolgere intorno alle proprie vicende non solo la Chiesa locale e il sentimento popolare ma anche le autorità civili comunali.
Entrato nell’allora Pieve di Santo Stefano (l’attuale duomo), «Sconficcato l'usciolino che chiudeva la reliquia e afferrata la Cintura, Musciattino cercò di fuggire»: antiche cronache narrano come egli divenisse cieco mentre tentava di uscire dalla chiesa e come, girando intorno al Duomo, ma credendo di essere alle mura di Pistoia, gridasse «Aprite Pistoiesi, ecco la cintola de' Pratesi!». Un’altra versione narra che una volta impradonitosi della reliquia uscì da Prato ma si perse nella nebbia che avvolgeva la campagna circostante e, senza rendersene conto, tornà al punto di partenza, e, credendo d’essere invece giunto a Pistoia, gridò alle porte della città "Aprite, aprite Pistoiesi: ho la Cintola de' Pratesi!".
Ciò che sappiamo per certo è che fu acciuffato quasi subito dai canonici della pieve e giustiziato in modo terribile ed esemplare, dopo un processo «lampo». A nulla valsero l’immediata restituzione della Cintola e la confessione del furto. L’enormità del delitto suscitò nella popolazione sentimenti di orrore e di sdegno. Musciattino «fu condannato ad essere strascinato – narra l’antica cronaca del Bianchini - alla coda di uno asino, ad essergli tagliate amendue le mani sulla piazza, avanti alla chiesa collegiata... ad essere finalmente condotto presso il fiume Bisenzio, ed al luogo ove allora si faceva giustizia, e quivi ad essere bruciato, e morto».
Sullo stipite di una delle porte laterali del Duomo (quella presso l’angolo formato con il campanile) restava, ad estrema testimonianza, l’impronta della sua mano sacrilega tirata, dopo l’esecuzione, «or qua o là dal popolo per dispregio». Quella vicenda rimarrà nei secoli emblema delle dispute con Pistoia e Firenze.
Sullo stipite di una delle porte laterali del Duomo (quella presso l’angolo formato con il campanile) restava, ad estrema testimonianza, l’impronta della sua mano sacrilega tirata, dopo l’esecuzione, «or qua o là dal popolo per dispregio». Quella vicenda rimarrà nei secoli emblema delle dispute con Pistoia e Firenze.
Tra storia e leggenda, la vicenda di Musciattino è rimasta viva nei secoli a ricordare il significato emblematico che la reliquia del S. Cingolo ha avuto e ha per la comunità pratese.
Forse al povero Musciattino, vittima di una terribile giustizia, poco sarebbe importato sapere di essere la causa della nuova storia del Duomo. Eppure fu proprio così. Il giorno dopo, il Consiglio generale del Comune deliberò di realizzare un’apposita cappella nella quale la reliquia fosse più sicuramente e più onoratamente custodita. «Davanti al pericolo di perdere la Cintola – afferma lo storico don Renzo Fantappiè – la città rispose unitariamente con una sola reazione, e come una famiglia o un popolo. Una tale solidarietà intorno alla reliquia è sorprendente e ci mostra come essa fosse divenuta in realtà il legame comunitario della città».
Le autorità comunali, a tutela della Cintola, patrimonio comune a tutta la cittadinanza, provvidero ad emanare disposizioni minuziose e norme severe per la sua custodia, stabilendo le modalità di accesso alla reliquia che prevedevano la compresenza di canonici e magistrati cittadini. Sempre per la salvaguardia della reliquia, dopo il tentato furto, si provvide ad ampliare la Pieve e a costruire una cappella apposita sul fianco sinistro della chiesa, all'altezza della facciata. Più in generale, l'intera Cattedrale subì per questo parecchi rifacimenti fino al XV secolo.
La reliquia è ancora oggi conservata in questa cappella, affrescata interamente da Agnolo Gaddi con le Storia di Maria Vergine e della Cintola stessa. Sopra l'altare settecentesco dove viene conservata la reliquia è collocata la piccola ed elegante statua della Madonna col Bambino, opera di Giovanni Pisano (1301).
Oggigiorno, essa viene mostrata pubblicamente (Ostensione) cinque volte all'anno, cioè per Natale, Pasqua, il 1º maggio (Festa dei lavoratori), il 15 agosto (Assunzione di Maria) e con particolare solennità l'8 settembre (Natività di Maria). L'Ostensione viene fatta alla folla radunata nella piazza del Duomo dal pulpito esterno, costruito su progetto di Michelozzo e decorato da Donatello.
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