PALIO DI SIENA
2 Luglio - Palio di Provenzano
16 Agosto - Palio dell'Assunta
Il Palio è la manifestazione
più importante organizzata nella città di Siena ed è una competizione fra le
contrade della città, nella forma di una giostra equestre di origine medievale.
Nel Palio le diverse
Contrade senesi, ovvero le "zone" in cui è divisa la città, si
sfidano in un' appassionata corsa a cavallo in Piazza del Campo.
Siena è attualmente divisa
in 17 Contrade: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice,
Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre,
Valdimontone.
Ogni Contrada è contraddistinta da uno stemma e colori unici ed
occupa una determinata zona della città. Passeggiando per le vie di Siena si può
facilmente capire in quale Contrada ci si trova, se si osservano le bandiere e
gli stemmi esposti lungo le strade.
Il 2 Luglio, a Siena, in piazza del Campo,
10 contrade su 17 della città si sfidano per il Palio di Provenzano. Dieci
Contrade su 17 corrono il Palio del 2 Luglio, le sette che non hanno corso il
Palio del luglio dell'anno precedente a cui se ne aggiungono tre sorteggiate
tra le dieci che lo corsero. Ad ogni rione viene assegnato per sorteggio un
cavallo dei 10 selezionati tra quelli fisicamente idonei. L'assegnazione
avviene la mattina del 29 Giugno per il Palio di Luglio, del 13 Agosto per il
Palio dell'Assunta: è la Tratta, il primo appuntamento di una Festa che dura 4
giorni.
Nonostante siano numerose le
attività che si svolgono all'interno di ogni Contrada, l'organizzazione del
Palio resta la principale, in quanto quest'ultimo non consiste semplicemente in
due corse annuali: ogni volta la Festa vera e propria si snoda in quattro
giorni intensi, ricchi di vari appuntamenti, la cui preparazione dura tutto
l'anno.
Le dirigenze, sin dall'inverno, curano le strategie tenendo i contatti
con i fantini e i proprietari di cavalli. Questi ultimi preparano i soggetti
che correranno in Piazza sia facendo correr loro altri Palii minori (la
cosiddetta provincia) sia portandoli alle corse di addestramento organizzate
dal Comune in primavera.
Si entra pienamente nel clima paliesco a fine maggio,
con l'estrazione a sorte delle tre contrade che affiancheranno le sette che
corrono di diritto: con il quadro delle contrade delineato per intero si può
iniziare a parlare davvero di "monte" (ingaggio dei fantini) e di
"partiti" (patti segreti per la vittoria), nonostante l'incognita del
cavallo che toccherà in sorte.
Circa una settimana prima del Palio viene
presentato il Drappellone che il Comune ha commissionato ad un artista locale
(nel caso del Palio di luglio) o di fama internazionale (nel caso del Palio di
agosto o di uno straordinario). Sempre in queste ore avvengono le visite
preliminari dei cavalli che si intende presentare alla tratta.
Nel primo dei
quattro giorni di Festa si tiene la tratta, l'estrazione a sorte e successivo
abbinamento dei barberi alle contrade in gara. Sull'anello di pietra serena
intorno alla Piazza, ricoperto da uno strato strato di terra composto da una
miscela di tufo, argilla e sabbia, si corrono in tutto sei prove, durante le
quali i fantini hanno la possibilità di conoscere meglio il comportamento del
cavallo che monteranno e di farlo abituare alla Piazza, ai suoi rumori e ai
ritmi propri della corsa. Anche le prove vengono seguite da numerosi
contradaioli e turisti, sia in Piazza che sui palchi montati all'esterno della
pista.
LA TRATTA
La mattina presto (del 29
giugno o del 13 agosto ) intorno alle 7 avviene, presso il Comune, la
presentazione dei cavalli che partecipano alle batterie di selezione: eccetto
alcuni elementi con già una buona esperienza di Piazza e già amessi alla
tratta, essi sono i cavalli selezionati il mattino del giorno precedente alle
Prove regolamentate. Esse sono delle prove non ufficiali chiamate comunemente
prove di notte, perché fino a qualche anno fa disputate senza alcuna regola la
notte, quando la Piazza era sgombra; rappresentano un'occasione in più per
farsi notare dai Capitani delle contrade e prendere confidenza con la pista.
Intorno
alle 9 inizia la cosiddetta tratta. È l'operazione con cui vengono abbinati i
cavalli alle dieci Contrade che partecipano al Palio. I cavalli idonei
selezionati dalle visite dei veterinari e dalle prove di notte, vengono
raggruppati in batterie di sei/otto e provati per tre giri intorno alla Piazza
per verificare la loro adattabilità alla pista. Terminate le batterie i
Capitani, alla presenza del Sindaco, si riuniscono per scegliere i dieci
soggetti.
Dopo mezzogiorno su un palco allestito davanti al Palazzo Pubblico si
svolgono le operazioni di sorteggio: ad ogni cavallo viene abbinata una
Contrada. Ad ogni assegnazione, il barbaresco prende in consegna il cavallo
avuto in sorte e lo conduce alla stalla, accompagnato dai contradaioli.
In
serata si svolge la prima delle sei prove che precedono il Palio. Attraverso
queste corse si verifica sia la condizione del cavallo che quella del fantino.
Per ogni prova il cavallo è accompagnato "all'entrone" (ingresso del
Palazzo Pubblico) dalla stalla della Contrada da un folto gruppo di
contradaioli, che spesso intona i canti tradizionali. Per vedere le prove
occorre prender posto in piazza o su un palco prima che sia fatto
"pulito", cioè sia stata sgomberata la pista dalle forze di Polizia.
Ogni contrada sceglie un fantino (la "monta") che può cambiare a suo piacimento
fino al mattino del Palio. Solo il cavallo non può essere cambiato. I cavalli
entrano al canape nell'ordine nel quale le Contrade entreranno in Piazza la
sera del Palio per il Corteo. Aggiudicarsi una prova è ininfluente ai fini
della vittoria del Palio: la tendenza è anzi quella di risparmiare al massimo
le energie degli animali per la sera della corsa, limitandosi a
"provare" i punti più difficili della pista.
LE PROVE
A partire dalle nove del
giorno successivo (30 giugno e 14 agosto) si svolge la seconda prova, con
ingresso al canape nell'ordine inverso della sera precedente. In serata si
svolge la terza, con ingresso al canape secondo l'ordine di estrazione avvenuto
nell'assegnazione dei cavalli.
In agosto si tiene inoltre la processione dei
ceri e dei censi in cui Comune, Contrade e parrocchie senesi offrono alla
Madonna Assunta dei ceri votivi. In Duomo viene altresì recato il Drappellone
affinché sia benedetto (a luglio esso viene invece portato nella Chiesa di
Santa Maria di Provenzano).
In mattinata (ore 9) si corre la quarta prova
(ingresso al canape nell'ordine inverso della sera precedente). La sera si
svolge la quinta, detta Prova Generale (ingresso fra i canapi secondo il numero
che i cavalli avevano all'orecchio all'atto del sorteggio): un primo scoppio
del mortaretto alle 18.45 (agosto 18.30) avvisa dell'inizio dello sgombero
(alle 19.15; agosto 19.00), cui segue l'uscita dei cavalli dal Cortile del
Podestà alle 19.45 (agosto 19.30)
La Prova Generale è preceduta dalla prova
della carica dei Carabinieri a cavallo, che un drappello di Carabinieri del
Comando di Siena effettuerà il giorno successivo, poco prima che il Corteo
storico entri in Piazza.
Nelle contrade che corrono si tiene poi la Cena della
Prova Generale, in cui centinaia di persone tra dirigenti, contradaioli, ospiti
e anche turisti si riuniscono attorno ai tavoli predisposti nella più capiente
strada o piazza della Contrada. Al tavolo d'onore con i maggiorenti della
Contrada è il fantino. La cena è caratterizzata da canti, discorsi ed auspici
per il successo della propria Contrada. Al termine il Capitano ed i mangini si
recano a trovare i dirigenti delle Contrade amiche ed alleate per stringere
accordi a favorire la propria vittoria o quella della Contrada amica od
ostacolare quella dell'avversaria.
GIORNO DI PALIO
La mattina della corsa (ore
7.45) si tiene una celebrazione eucaristica alla Cappella esterna del Palazzo
Comunale alla presenza dei Capitani e dei fantini delle Contrade partecipanti
al Palio (la cosiddetta Messa del Fantino).
Poco dopo, alle 9, si corre la
Provaccia, così chiamata a causa dello scarso impegno che viene richiesto dai
fantini ai cavalli per disputarla. Dopo questa prova, alle ore 10,30, capitani
e fantini si riuniscono in Comune per l'iscrizione del fantino e la presentazione
del giubbetto che indosserà in corsa, dopodiché il fantino non può esser più
cambiato. Questa operazione si chiama "segnatura del fantino" e da
questo momento il fantino non può più essere sostituito.
Nelle prime ore del
pomeriggio (ore 15:30 in luglio; 15:00 in agosto) contradaioli e turisti
presenziano alla benedizione del cavallo e del fantino. Dopo la vestizione
della comparsa infatti, nelle Contrade partecipanti alla corsa, ha luogo il
rito della benedizione del cavallo e del fantino nel rispettivo oratorio,
durante il quale il sacerdote (detto "correttore") conclude il rito
con un augurio imperioso: Vai e torna vincitore! Dopo di ciò le comparse delle
Contrade e i figuranti del Comune attraversano il centro storico soffermandosi
in Piazza Salimbeni, al "Casino dei Nobili", davanti a Palazzo Chigi
Saracini e in Piazza del Duomo ad eseguire la sbandierata. Poi si riuniscono in
Piazza del Duomo (cortile del Palazzo del Governo) da dove muovono in ordine
per raggiungere Piazza del Campo.
Il Corteo Storico entra nella Piazza intorno alle ore 17. La "Carriera", come viene tradizionalmente chiamata la corsa, si svolge normalmente due volte l'anno: il 2 luglio si corre il Palio di Provenzano (in onore della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto il Palio dell'Assunta (in onore della Madonna Assunta). In occasione di avvenimenti eccezionali (come ad esempio nel 1969 la conquista della Luna da parte della missione Apollo 11) o di ricorrenze cittadine o nazionali ritenute rilevanti e pertinenti (ad es. il centenario dell'Unità d'Italia) la comunità senese può decidere di effettuare un Palio straordinario, tra maggio e settembre (l'ultimo si è tenuto nel 2000, per celebrare l'ingresso nel nuovo millennio).
Il Corteo Storico entra nella Piazza intorno alle ore 17. La "Carriera", come viene tradizionalmente chiamata la corsa, si svolge normalmente due volte l'anno: il 2 luglio si corre il Palio di Provenzano (in onore della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto il Palio dell'Assunta (in onore della Madonna Assunta). In occasione di avvenimenti eccezionali (come ad esempio nel 1969 la conquista della Luna da parte della missione Apollo 11) o di ricorrenze cittadine o nazionali ritenute rilevanti e pertinenti (ad es. il centenario dell'Unità d'Italia) la comunità senese può decidere di effettuare un Palio straordinario, tra maggio e settembre (l'ultimo si è tenuto nel 2000, per celebrare l'ingresso nel nuovo millennio).
Alle 19:30 del 2 luglio, o
alle 19:00 del 16 agosto, il drappellone viene issato sul Palco dei Giudici
mentre si effettua la sbandierata finale dei diciassette alfieri.
Concluso il
Corteo, uno scoppio del mortaretto annuncia l'uscita dei cavalli dall'Entrone.
Ad
ogni fantino viene consegnato un nerbo di bue con il quale potranno incitare il
cavallo o ostacolare gli avversari durante la corsa. Quindi si avvicinano al
punto della "mossa" dove sono stati tesi due canapi tra i quali
saranno chiamati ad allinearsi.
L'ordine di entrata è stabilito dalla sorte:
infatti all'interno di uno speciale meccanismo con un lungo collo innestato su
un contenitore ovale, vengono inseriti dieci barberi (palline dipinte con i
colori delle Contrade come quelle che usano i ragazzi per giocare); rovesciata
la bottiglia i barberi si allineano casualmente lungo il suo collo dando così
origine all'ordine di partenza. L'operazione viene effettuata tre volte in modo
che il mossiere abbia la facoltà di utilizzare due mosse di riserva, nel caso,
che non vi siano le condizioni per una partenza regolare.
Le Contrade vengono
chiamate tra i canapi secondo l'ordine di estrazione, mentre la decima entrerà
di "rincorsa" (solo quanto riterrà opportuno) decidendo così il
momento della mossa.
Il Mossiere, giudice unico della validità della partenza
e situato su un palco detto verrocchio, riceve una busta contenente l'ordine di
allineamento ai canapi, due lunghe corde che delimitano la zona di partenza.
Per accedere alla zona tra i due canapi, la corda posteriore è più corta ed è
sorretta da un meccanismo chiamato verrocchino; in questo modo viene lasciato
uno spazio attraverso il quale i cavalli fino al nono possono entrare e quello
sorteggiato di rincorsa può determinare il momento di partenza (vedi sotto).
L'ordine è segreto fino all'ultimo momento e viene determinato con un
meccanismo automatico: l'ordine della mossa viene conosciuto solo pochi minuti
prima di queste operazioni dai tre Deputati della Festa, i fiduciari del Comune
nominati di Palio in Palio, garanti e responsabili del corretto svolgimento
della Festa.
La corsa, a quel punto, potrà prendere il via solo quando i primi
nove cavalli risulteranno allineati di fronte al canape: solo a quel punto la
rincorsa (il fantino che cavalca l'ultimo cavallo estratto) potrà entrare tra i
canapi già al galoppo e dare il via alla corsa. La capacità del mossiere sta
nel riuscire a percepire questa intenzione e sganciare con un pedale il canape
anteriore con il giusto tempismo; ovviamente la mossa si può ripetere più
volte. È comune che strategie, veti incrociati, tentativi di raggiungere
accordi rendano le fasi della mossa assolutamente incomprensibili ai profani
del Palio. Di rado la partenza avviene in pochi minuti.
Queste complicate
operazioni di partenza spesso risultano molto lunghe e si possono protrarre anche
fino al calare della sera, aumentando così la difficoltà di una corsa che si
corre a pelo, cioè senza l'ausilio di alcuna sella.
Nel caso in cui la partenza
non venga giudicata valida (ad esempio perchè i fantini non hanno rispettato la
loro posizione), uno scoppio di mortaretto ne darà l'avviso e si dovrà
ricominciare tutto da capo. La fase della "Mossa", può essere
estremamente lunga e durare anche fino a buio. Questo è comprensibile se si
pensa che la competizione tra le Contrade è molto forte e veder vincere una
Contrada "nemica" è in assoluto il peggior risultato possibile.
I
cavalli devono percorrere tre giri di pista per circa 1000 metri e solo al
primo arrivato è riservata la gloria della vittoria, sanzionata da tre giudici
della vincita.
Il primo cavallo che arriva al traguardo vince, anche se
"scosso", ovvero senza fantino, ed alla Contrada vincitrice viene
consegnato il Drappellone.
Appena il fantino giunge al traguardo (il
bandierino), centinaia di contradaioli festanti si precipitano sotto il palco
dei Capitani a ritirare il Palio, che sarà dapprima portato in chiesa, poi
conservato per sempre nel museo di contrada.Il fantino viene portato in
trionfo: la contrada festeggerà a partire dalla sera stessa e per settimane con
una serie di cortei e cenini. Ancor di più viene festeggiato il cavallo, in
special modo nel caso di una vittoria da scosso, cioè senza fantino. L'animale è
comunque l'ospite d'onore alla cena della vittoria che si svolge nelle ultime
settimane di settembre nelle strade e nelle piazze del rione vincitore del
palio di luglio, la prima settimana di ottobre per il rione vincitore del palio
di agosto.
Terminata la corsa, comunque, dopo le prime esultanze, i
contradaioli vittoriosi si recano col Drappellone nella Chiesa di Provenzano
(nel palio di luglio) o nel Duomo (nel palio di agosto) per il "Te
Deum" di ringraziamento.
Da questo momento in poi ogni occasione sarà
buona per ricordare alla città la vittoria conquistata sul Campo, fino
all'autunno, quando, tra il mese di settembre e i primi giorni di ottobre, nel
rione vittorioso addobbato a festa, si svolgerà la "cena della
vittoria" a cui parteciperanno migliaia di contradaioli e, al posto
d'onore, il cavallo vittorioso.La vittoria, tra festeggiamenti e ricompense, ha
un notevole costo economico per una contrada, ma chi ha perso non si consola
affatto con le cifre ricevute per aver agevolato il vincitore; arrivare secondi
rappresenta invece l'autentica sconfitta. Chi ha vinto festeggia anche la
sconfitta della rivale; per chi non ha vinto, vedere perdere la propria rivale
rappresenta comunque un successo.
CURIOSITA'
La corsa del Palio prende il
nome, e non solo a Siena, dal premio: il Palio, dal latino pallium (mantello di
lana), era in genere un drappo di stoffa molto pregiata che veniva utilizzato
per gli scopi più svariati. Il Pallium, premio per la vittoria, era ostentato
sul carro allegorico del Comune. A Siena, in genere, era destinato alla chiesa
del rione vincitore. Poteva essere utilizzato sia come arredo per la chiesa
stessa, o per altri scopi analoghi. Un pallium cinquecentesco sembra abbia decorato
fino a non moltissimi anni fa l'altare della Chiesa di San Giuseppe, della
Contrada Capitana dell'Onda. Questo avveniva perché, ai loro albori, le
Contrade si appoggiavano per le loro riunioni alle Parrocchie o alle compagnie
laicali che sostenevano e supportavano gli ordini monastici. È comprensibile
come, in caso di vittoria, il premio venisse regalato alla Chiesa del rione,
sia per riconoscenza sia per devozione. Un'altra possibilità era la
restituzione del premio alla Comunità civica in cambio del suo valore in
denaro. In questo caso l'importo poteva essere usato, ad esempio, per fornire
di dote le giovani più indigenti della contrada o per altre spese di utilità
comune. È dal Settecento che si afferma l’idea del Palio-dipinto (il più antico
conservato a Siena, presente nel museo della contrada dell’Aquila, risalente al
2 luglio 1719) e solo dopo la Seconda guerra mondiale che a dipingerlo vengono
chiamati non più i bravissimi artigiani senesi (vedi Federico Joni e i falsari
senesi di inizio Novecento) ma pittori di fama nazionale e internazionale.
È il Comune di Siena a
organizzare il Palio, a gestirne l'aspetto economico (tranne, naturalmente, per
quanto riguarda le somme elargite dalle singole contrade ai fantini ingaggiati
o per i patti con altre contrade) e quello della giustizia paliesca (eventuali
sanzioni a fantini e/o contrade in caso di violazioni del regolamento
paliesco): il Palio si autofinanzia dalla comunità senese e non prevede (né
accetterebbe) alcun tipo di sponsorizzazione,[6] come si può vedere dalle
immagini della Carriera in cui non compaiono mai cartelloni né scritte
pubblicitarie.
Il palio è trasmesso ogni
anno in Eurovisione, in Italia dalla RAI.
Il Palio rappresenta senz'altro un'
occasione unica per vivere tutto il calore e la passione della città di Siena.
E' possibile assistere gratuitamente alla corsa del Palio dall' interno della
Piazza del Campo, che è necessrio raggiungere almeno attorno alle 16,30.
All'
interno della piazza si può trovare da bere ma non vi sono bagni pubblici. E'
sconsigliato portarvi i bambini a causa del caldo e soprattutto della
calca.
STORIA DEL PALIO
Manca una data certa per le
origini del Palio, come del resto non si hanno notizie precise per la
fondazione della città, che nel mito inizia proprio con un “palio” alla lunga,
corsa dai figli di Remo, Senio e Aschio, che raggiunsero la città dopo la fuga
da Roma.
Certo è che il Palio è
antico come Siena, e la sua storia si intreccia per sempre con quella della
città. Nell'età d'oro della Repubblica senese - 150 anni tra l'inizio del
Duecento e la metà del Trecento - il Palio era il momento solenne e conclusivo
per celebrare l'Assunta nelle feste di mezz'agosto.
Si trattava, beninteso, di
un palio in forma diversa da quello attuale; agli inizi del 1300 già si
correvano palii alla lunga - anche con i cavalli privi di fantino - e al
vincitore - che raggiungeva l'antica Cattedrale dopo esser partito da una delle
porte della città - veniva dato in premio un “pallium”, un drappellone di
stoffa preziosa, che avrebbe poi dato il nome alla Festa.
Nelle città italiane del XII e XIII secolo era usanza organizzare corse di cavalli, sia come spettacolo pubblico, sia come competizione tra i diversi allevamenti equini posseduti dai nobili cittadini e non. A queste origini si ricongiungono idealmente le diverse rievocazioni storiche che ancora si svolgono in Italia. Ma questo tipo di Palio non è ancora il diretto progenitore della competizione senese attuale.
Nelle città italiane del XII e XIII secolo era usanza organizzare corse di cavalli, sia come spettacolo pubblico, sia come competizione tra i diversi allevamenti equini posseduti dai nobili cittadini e non. A queste origini si ricongiungono idealmente le diverse rievocazioni storiche che ancora si svolgono in Italia. Ma questo tipo di Palio non è ancora il diretto progenitore della competizione senese attuale.
Parallelamente ai palii dei
nobili, i cittadini di Siena cominciarono ad organizzare, più o meno
spontaneamente, altre competizioni nei modi più disparati. Si ricordano, a
partire dal XV secolo, Palii rionali, Bufalate, Cacce ai tori, Giochi delle
pugna, gioco dell'Elmora, giochi di San Giorgio, Asinate, Pallonate. Molte di
queste competizioni erano precedute da cortei, rappresentazioni allegoriche,
carri trionfali a tema mitologico greco. Notizie di palii si hanno attraverso
tutto il XV e il XVI secolo, ma in alcuni casi è difficile capire se le
cronache si riferiscano a palii dei nobili (Palio alla lunga) o già a palii
alla tonda.
Lentamente la festa si trasferì dalle vie cittadine al teatro naturale di Siena, Il Campo.
Lentamente la festa si trasferì dalle vie cittadine al teatro naturale di Siena, Il Campo.
L'organizzazione su base
rionale della Festa e delle comunità trova la sua origine, probabilmente, nel
tipo di organizzazione territoriale delle compagnie militari che caratterizzava
l'esercito senese medievale. Quando non c'era la guerra, questa organizzazione
si riversava nella competizione nei giochi già citati. Su questa organizzazione
interclassista sono state fatte anche interpretazioni di tipo antropologico,
relative al carattere territoriale dell'organizzazione sociale senese opposto a
quello classista o per censo più diffuso, ad esempio, nei paesi anglosassoni.
Le Contrade, quindi, fanno la loro apparizione, alcune menzionate già con il
nome attuale, alla fine del XV secolo, anche se le ragioni che le hanno portate
a scegliere gli animali totemici sono sconosciute.È sempre nel Rinascimento che i nobili delegano ai giochi di guerra e alle corse i loro portacolori: fantini dai soprannomi che si tramanderanno nel tempo, in una usanza che persiste anche ai giorni nostri.
Tra i vari spettacoli e competizioni, nel XVI secolo si va lentamente affermando il Palio alla tonda, quello che conosciamo anche oggi. Questo si accentua dopo il 1555, anno in cui termina la guerra di Siena e la città, sconfitta, si richiude in sé stessa sfogando il peso della perdita della libertà nei giochi e nelle celebrazioni al suo interno.
Il vero elemento ‘scatenante’
del Palio moderno sta quindi probabilmente in un episodio avvenuto durante
l'occupazione fiorentina e spagnola della città. Verso la fine del Cinquecento
una famosa Pietà conservata in un tabernacolo nel rione dove aveva abitato
Provenzano Salvani, che si diceva essere stata posta nella sua collocazione da
Santa Caterina tre secoli prima, fu oltraggiata da un soldato spagnolo. Forse
in preda all'alcool, egli sparò alla statua, rimanendo ucciso dall'esplosione
del suo stesso archibugio. Era il 2 luglio e, per commemorare il miracolo fatto
dalla Vergine protettrice di Siena contro gli occupanti, i cittadini cominciarono
di anno in anno a celebrare con sempre maggiore sfarzo l'anniversario. Tra le
varie celebrazioni, fu naturale inserire una corsa del Palio. Nel 1611 fu anche
innalzata la Basilica di Provenzano che custodisce ancora oggi quello che resta
dell'immagine sacra oltraggiata, la Madonna di Provenzano.
Questa corsa differiva dalle altre organizzate spontaneamente in altre occasioni: vi partecipavano le contrade (quindi il popolo) e non i nobili; si correva in Piazza del Campo alla tonda e non attraverso le strade della città alla lunga (organizzato dalla nobiltà) o in uno specifico rione. Bisogna presupporre che esperimenti di questo tipo di corsa fossero già stati fatti in precedenza, ma è solo all'inizio del Seicento che il Palio moderno si afferma nel gusto ludico dei senesi.
La proposta di correre il Palio in Piazza venne ufficialmente al Comune l'11 luglio 1605. Nel 1656, il Palio alla tonda assunse forma strutturalmente definitiva e cadenza regolare riunendo passione di popolo e di nobili. Inoltre, sempre nel 1656, il Comune di Siena (allora denominato Balìa) si prende in carico l'organizzazione del Palio, consolidando una festa che sappiamo essere precedente. Era nato il Palio di Provenzano come lo conosciamo oggi. I costi del Palio saranno presi in carico dall'aristocrazia fino al 1836. I verbali della comunità senese relativi all'effettuazione del Palio esistono dal 1659 ed è quindi da questo anno che si conteggiano le vittorie "ufficiali" delle Contrade da parte del Comune. Le registrazioni delle vittorie antecedenti a questo anno sono da considerarsi attendibili solo se suffragate da documenti conservati presso le singole Contrade o da ricerche storiche approfondite.
I fantini furono subito
mercenari. Erano quei butteri bene in arnese che avevano giostrato nelle
mischie delle bufalate e che portarono nei Palii alla tonda una virulenza che
l'aristocratico Palio alla lunga aveva in misura assai minore. Dal 1657 si
stabilì che i fantini corressero "alla bisdossa" ossia a pelo.
Attorno al 1666 vi fu l'istituzione della "tratta" (da trahere, tirare a sorte). L'assegnazione a sorte dei cavalli alle Contrade avveniva al prato di Camollia, fuori le mura. Nasceva il costume ricorrente e conservato fino ad oggi di scegliere un lotto omogeneo di cavalli.
Dal 1685 le Contrade furono obbligate a correre il Palio anche se avevano avuto un cattivo cavallo. La partecipazione alla festa divenne un onore e un obbligo civico. Le Contrade, intanto, proseguirono il loro processo di formazione. Da una parte cominciarono a darsi capitoli statutari, ossia vere costituzioni scritte, dall'altra si differenziarono nettamente dalle compagnie laicali con le quali erano vissute agli inizi in una simbiosi che si era rivelata scomoda.
Nei primi Palii alla tonda non mancarono drammi e contestazioni. Da allora a vincere il Palio sarebbe stato il cavallo, con o senza il fantino in groppa. E il barbero che vince "scosso" sarebbe rimasto per i senesi il segno più bello del favore del fato e della gioia.
Il secolo dei lumi si aprì con un'innovazione decisiva e congeniale, l'introduzione di un secondo Palio delle Contrade .
Attorno al 1666 vi fu l'istituzione della "tratta" (da trahere, tirare a sorte). L'assegnazione a sorte dei cavalli alle Contrade avveniva al prato di Camollia, fuori le mura. Nasceva il costume ricorrente e conservato fino ad oggi di scegliere un lotto omogeneo di cavalli.
Dal 1685 le Contrade furono obbligate a correre il Palio anche se avevano avuto un cattivo cavallo. La partecipazione alla festa divenne un onore e un obbligo civico. Le Contrade, intanto, proseguirono il loro processo di formazione. Da una parte cominciarono a darsi capitoli statutari, ossia vere costituzioni scritte, dall'altra si differenziarono nettamente dalle compagnie laicali con le quali erano vissute agli inizi in una simbiosi che si era rivelata scomoda.
Nei primi Palii alla tonda non mancarono drammi e contestazioni. Da allora a vincere il Palio sarebbe stato il cavallo, con o senza il fantino in groppa. E il barbero che vince "scosso" sarebbe rimasto per i senesi il segno più bello del favore del fato e della gioia.
Il secolo dei lumi si aprì con un'innovazione decisiva e congeniale, l'introduzione di un secondo Palio delle Contrade .
Nel 1701 si comincia a
correre, in maniera intermittente perché ancora spontanea, anche il Palio
dell'Assunta. La data del 16 agosto sembra in questo caso ‘anomala’ in quanto
successiva al giorno di festa della Madonna Assunta. Venne scelta questa data
perché gli altri giorni canonici delle feste d'agosto, il 14 e il 15, a Siena
erano già ‘occupati’, rispettivamente, dal Corteo dei Ceri e dei Censi e dalla
festa dell'Assunta che culminava nel Palio alla lunga. Quest'ultimo andrà pian
piano a perdere di importanza, fino ad essere abolito all'inizio
dell'Ottocento, in concomitanza col propagarsi delle idee della Rivoluzione
Francese e la conseguente perdita di centralità del ceto nobiliare.
Nel 1774 il Comune omologò l'organizzazione dei due Palii. Il Palio trovò anche la sua regolamentazione definitiva. Il 16 maggio 1721 il collegio di Balìa emise un bando che costituisce il moderno regolamento del Palio.
Questo nuovo Palio d'agosto era all'inizio un prolungamento dei festeggiamenti della Contrada vincitrice del Palio di luglio, che lo organizzava a proprie spese (quando economicamente possibile, di qui la sua saltuarietà). Dal 1802 segue la stessa sorte di quello di luglio, cominciando ad essere organizzato dall'ormai costituito Comune di Siena moderno.
Nel 1729, la governatrice di Siena Violante di Baviera stabilisce i confini delle Contrade. A causa di incidenti occorsi negli anni precedenti, decreta inoltre che non possano partecipare più di 10 Contrade alla volta.
Queste sono ancora oggi le date in cui si corre il Palio, la cui caratteristica principale è appunto quella di non costituire una rievocazione storica, in quanto a differenza di altre manifestazioni simili si disputa ininterrottamente da alcune centinaia di anni.
Nel 1774 il Comune omologò l'organizzazione dei due Palii. Il Palio trovò anche la sua regolamentazione definitiva. Il 16 maggio 1721 il collegio di Balìa emise un bando che costituisce il moderno regolamento del Palio.
Questo nuovo Palio d'agosto era all'inizio un prolungamento dei festeggiamenti della Contrada vincitrice del Palio di luglio, che lo organizzava a proprie spese (quando economicamente possibile, di qui la sua saltuarietà). Dal 1802 segue la stessa sorte di quello di luglio, cominciando ad essere organizzato dall'ormai costituito Comune di Siena moderno.
Nel 1729, la governatrice di Siena Violante di Baviera stabilisce i confini delle Contrade. A causa di incidenti occorsi negli anni precedenti, decreta inoltre che non possano partecipare più di 10 Contrade alla volta.
Queste sono ancora oggi le date in cui si corre il Palio, la cui caratteristica principale è appunto quella di non costituire una rievocazione storica, in quanto a differenza di altre manifestazioni simili si disputa ininterrottamente da alcune centinaia di anni.
Un altro bando di questi
anni sarebbe rimasto come pietra miliare nella storia del Palio. E' il bando
sui nuovi confini delle Contrade promulgato nel 1729 da Beatrice Violante di
Baviera, Governatrice di Siena, per porre fine alle continue controversie tra
Contrade aventi per oggetto non solo i confini tra di esse ma anche il loro numero
ed entità demografica.
I cavalli erano spesso reclutati d'imperio dal Comune che talvolta per reperirne un numero adeguato obbligò tutte le Poste del circondario a mandarne almeno uno alla tratta, che dal 1761 si svolse in Comune, alla porta di Biccherna. Cavalli e cavallai di questo secolo furono raramente di nobili origini.
L'inserimento dei fantini nella nuova coreografia illuminista e nel nuovo contesto scenico del Palio risultò impossibile, quali che fossero i tentativi per omologarli al gusto del tempi. Si cercò di obbligarli a sfilare paludati sull'"asso" o soprallasso da parata. I fantini dell'epoca in realtà mal si prestavano a carmi e odi pindariche. Le Contrade già adombravano i sempre temuti "monti" o cosche segrete tra i fantini con lo scopo di manipolare l'esito delle Carriere e dividere i guadagni, ufficiali o meno che fossero.
Nel 1799 vennero a Siena, dopo l'occupazione francese, le squadracce aretine della reazione, al grido di Viva Maria. In Piazza del Campo, sui pezzi del distrutto albero della libertà, furono bruciati dieci cadaveri. Nel luglio 1799 il Palio fu sospeso per fatti gravissimi di ordine pubblico. Ma presto si capì che per l'ordine pubblico sarebbe stato più pericoloso vietare il Palio che farlo effettuare. Il drappellone con la sua Madonna di Provenzano fu assegnato nella Carriera d'agosto. Ancora una volta il Palio era il segno che la vita della città continuava.
I cavalli erano spesso reclutati d'imperio dal Comune che talvolta per reperirne un numero adeguato obbligò tutte le Poste del circondario a mandarne almeno uno alla tratta, che dal 1761 si svolse in Comune, alla porta di Biccherna. Cavalli e cavallai di questo secolo furono raramente di nobili origini.
L'inserimento dei fantini nella nuova coreografia illuminista e nel nuovo contesto scenico del Palio risultò impossibile, quali che fossero i tentativi per omologarli al gusto del tempi. Si cercò di obbligarli a sfilare paludati sull'"asso" o soprallasso da parata. I fantini dell'epoca in realtà mal si prestavano a carmi e odi pindariche. Le Contrade già adombravano i sempre temuti "monti" o cosche segrete tra i fantini con lo scopo di manipolare l'esito delle Carriere e dividere i guadagni, ufficiali o meno che fossero.
Nel 1799 vennero a Siena, dopo l'occupazione francese, le squadracce aretine della reazione, al grido di Viva Maria. In Piazza del Campo, sui pezzi del distrutto albero della libertà, furono bruciati dieci cadaveri. Nel luglio 1799 il Palio fu sospeso per fatti gravissimi di ordine pubblico. Ma presto si capì che per l'ordine pubblico sarebbe stato più pericoloso vietare il Palio che farlo effettuare. Il drappellone con la sua Madonna di Provenzano fu assegnato nella Carriera d'agosto. Ancora una volta il Palio era il segno che la vita della città continuava.
Subito all'inizio del
secolo, la Civica Comunità adottò due storici provvedimenti, che furono emanati
entrambi nel 1802 dal Gonfaloniere Forteguerri.
Con una notificazione apposita
si ordinò "che non sia permesso ai fantini di ritenersi o battersi, finchè
dopo date le mosse e calato il canape, non abbiano intieramente oltrepassato
tutto il Palco dei Signori Giudici, alla pena, mancando, del carcere...".
In
questo modo si ridusse lo spettacolo indecoroso dei fantini che prima della
mossa si nerbavano e si azzuffavano.
Con altro provvedimento la Magistratura Civica suddivise in due parti il premio
che da sempre si dava al vincitore del Palio alla lunga del 15 agosto, un
drappo di velluto cremisi del valore di 110 talleri. Da allora si dettero 70
talleri in contanti al vincitore del palio alla lunga, e 40 alla Contrada
vincitrice del Palio alla tonda.
Si concludeva così un lungo e costante
processo di pubblicizzazione del Palio che ne rinnovò il carattere di festa di
tutti, celebrazione ufficiale della città.
Un drastico cambiamento si notò
nella pittura dei drappelloni, a causa del dominio francese sulla Toscana.
Come riflesso del nuovo
egalitarismo transalpino, tra il 1808 e il 1813 l'araldica del drappellone fu
ridotta alle semplici iniziali intrecciate dei Deputati della Festa; e presto i
disadorni monogrammi furono sovrastati dal nuovo enorme stemma di Napoleone
Imperatore
Ma il massimo dell'ingerenza della politica sul Palio si ebbe
nell'agosto 1808, quando si volle tramutare la celebrazione secolare
dell'Assunta in quella di San Napoleone. L'innovazione per fortuna non durò.
Il
fondo delle peregrine invenzioni si toccò invece nell'aprile del 1810 quando si
decise di offrire in Piazza del Campo un gran banchetto ai poveri delle
Contrade, ognuna delle quali dové individuarne e inviarne sei. I poveri
malcapitati furono sistemati in tende sulle quali stavano le insegne delle
Contrade di appartenenza mentre una folla di farisaici curiosi li guardava
mangiare. Al centro un padiglione più grande riuniva i poveri di Aquila,
Pantera e Tartuca. Questa unione tradiva la greve motivazione del grottesco
evento mascherato da filantropia. Con i colori delle tre bandiere si voleva
alludere a Francia, Austria e Impero, e al recente matrimonio
politico-dinastico di Napoleone con Maria Luisa d'Austria.
I continui omaggi ai
sovrani del momento erano elargiti volentieri sia dal popolo (perchè erano il
pedaggio da pagare per avere un Palio in più) che dai nobili (perchè erano
occasioni di far pompa e di incontrare sovrani e notabili altrimenti
irraggiungibili). In pochi anni si festeggiarono la rivoluzione francese, il
regno d'Etruria, Napoleone, Elisa Baciocchi, poi nel 1818 Ferdinando III di
Lorena e nel 1819 si dette il benvenuto a Metternich. Questa che ad alcuni
appare piaggeria e ad altri indifferenza deriva forse ai senesi dal loro prima
forzato e poi endemico distacco dalla storia, dal loro sempre più marcato
"sogno del medioevo": nonostante l'ondata di carri con figurazioni
allegoriche neoclassiche, nel 1813 nella sfilata riapparve il Carroccio, che
avrebbe proseguito fino ai nostri giorni ad evocare il grande effimero trionfo
di Montaperti.
La passione civica di Siena
per la sua storia e la cultura della Contrada come piccola patria non impedì ai
Senesi di essere partecipi in prima fila della grande storia.
A porsi come
esempio di ciò, che nella riflessione antropologica recente si è detta
"identità multipla", i Senesi dell'Ottocento si mostrarono allo
stesso tempo consapevoli della loro identità contradaiola e patrioti convinti
per tutto il Risorgimento. Virgilio Grassi, uno storico del Palio scrupoloso e
puntuale, mise in risalto il contributo delle Contrade senesi al Risorgimento;
a ricordarlo su Palazzo Spannocchi fu posta una lapide a commemorare le
"cospiranti Contrade Drago, Oca e Selva".
Le Contrade raccolsero in
prima persona fondi per sostenere i volontari alle guerre di Indipendenza, come
pure "oblazioni da ripartirsi tra quei volontari che reduci delle patrie
battaglie si trovassero nelle condizioni più bisognose". Nel luglio del
1848 il Palio non ebbe luogo, e la somma destinata alla corsa fu erogata in
sussidio dei volontari che combattevano in Lombardia.
Nel 1839, ricorda un
manifesto, non fu necessaria una leva militare, tale fu l'afflusso dei
volontari senesi sotto le bandiere tricolori.
In quelle delle Contrade si
sarebbe specchiato il Risorgimento. Nonostante il Comune nel 1845 avesse
emanato un'ordinanza che ne codificava immutabilmente i colori, il loro assetto
definitivo avrebbe dovuto attendere l'Unità d'Italia.
L'Aquila non smise mai di
spiegare la sua insegna gialla con l'Aquila bicipite, che la tradizione voleva
concessa da Carlo V in persona durante una delle sue visite a Siena. Per tutto
il Risorgimento l'Aquila fu accolta alla sua entrata in Piazza da salve di
fischi, rivolti in realtà all'impero austro-ungarico.
Lo stesso accadde alla
Tartuca, che allora spiegava un'insegna gialla e nera che ricordava quella
degli austriaci. Sull'onda degli entusiasmi per Pio IX, nel 1847 la Tartuca
sostituì il nero con il bianco, spiegando così i colori papalini. I fischi si
trasformarono in applausi. Ma due anni dopo svaniti gli entusiasmi liberali per
il Papa, l'insegna tornò gialla e nera e i fischi ricominciarono per cessare
solo nel 1859, quando finalmente la Tartuca assunse i colori attuali.
Sorte
opposta toccò alla bandiera dell'Oca, che dal 1791 era verde con arabeschi
bianchi e rossi. I patrioti che ci vedevano il tricolore d'Italia l'applaudivano
ovunque con calore, tanto che dal 1849 al 1859 le autorità cambiarono i colori
in bianco, rosa e verde.
Giuseppe Garibaldi, che assistè al Palio del 1867 con
le sue camicie rosse, fu particolarmente festeggiato dalle insegne rosse della
Torre, che insieme ai suoi applausi ricevé quelli caldissimi del "partito
spinto", come annotò sospettosamente il rapporto dei Regi carabinieri.
Neanche
a Siena mancavano gli Austriacanti, i quali avversarono fieramente l'adozione
dei costumi "alla piemontese" visti per la prima volta in Piazza nel
1836, e usati successivamente in diverse altre occasioni.
Il Risorgimento liquidò anche definitivamente la pretesa di accostare i fantini agli eroi di Olimpia. Ai Senesi i fantini erano ben altrimenti conosciuti.
Il Risorgimento liquidò anche definitivamente la pretesa di accostare i fantini agli eroi di Olimpia. Ai Senesi i fantini erano ben altrimenti conosciuti.
Se il Settecento fu il
secolo dei feroci combattimenti tra i fantini, l'Ottocento fu quello dei loro
più efferati e clamorosi tradimenti.
Campione ne fu Francesco Santini, il Gobbo
Saragiolo, che cambiò bandiera per trent'anni. Corse per 15 Contrade. Tutte le blandì,
tutte le disprezzò, tutte le tradì. Vinse ben quindici volte per sette Contrade
diverse. Quando nel 1855 con uno dei cavalli favoriti andò dritto a S. Martino
con dolo, a chi gliene chiese ragione sbottò "ma che dovevo vincere per
voialtri miserioni che mi davi 140 monete, quando ne ho guadagnate 170?".
Come
Giuda, notò qualcuno, aveva tradito per 30 denari.Talvolta, mancando allora le
chiusure di S. Martino e del Casato, i fantini fedigrafi uscirono di Piazza di
gran carriera e galopparono fin fuori le mura.
Lo fece Baicche nel 1877 e
ancora nel 1885. Così Ansanello che nel 1896 a notte fonda andò a suonare la
campanella dei frati dell'Osservanza ancora vestito del giubbetto della Torre.
"C'è un omo che vuol dormire qua. Pare un cannello di ceralacca"
riferì stupito il padre guardiano al superiore.
I cavalli di questo secolo
erano ancora gli anonimi barberi dei tempi precedenti, ma con una novità: nella
tratta dell'agosto 1837 furono ammesse le cavalle e scartati i maschi interi a
scanso di "antiestetici inconvenienti". Si instaurava un costume che
sarebbe durato fino ad oggi.
Nel regolamento del 1852, a firma del Gonfaloniere Angelo Piccolomini, si proibisce di somministrare ai cavalli sostanze spiritose, sotto responsabilità dei Capitani. La leggenda del beverone, metà pozione magica e metà ricostituente cerusico, pietra filosofale delle stalle di contrada, sarebbe durata a lungo, con la sua promessa di istantanee metamorfosi di un brocco in un Pegaso. Appare dopo la metà del secolo il primo eroe tra i cavalli. E' lo Stornino di Belforte, che si segnalò per intelligenza e attaccamento al Palio. Infatti si narrava che sentisse l'avvicinarsi della festa e cambiasse personalità divenendo anche lui, da tranquillo cavallo di un curato di campagna, un barbero degno dei focosi corsieri che giostravano nelle antiche Carriere. Vinse 18 Palii, l'ultimo dei quali nel 1877, a ventuno anni suonati. Alla sua morte l'Accademia dei Fisiocritici lo acquistò per imbalsamarlo.
Concluso il Risorgimento a Siena le Contrade mostrarono tutta la loro vitalità. Ancora una volta, di fronte ai rivolgimenti della grande storia, agli enigmi e alle incertezze dei tempi nuovi, i contradaioli si associarono e riassociarono stringendosi intorno alle loro tradizioni. Fu all'interno delle Contrade che a Siena si sviluppò l'associazionismo di fine secolo, che produsse una miriade di società i cui membri raramente superarono il numero di cinquanta. Alcune di esse furono diretta filiazione delle Contrade, altre ebbero base rionale o occupazionale. Nei primi anni la finalità precipua di tali società fu il mutuo soccorso: si forniva assistenza per infortuni, vedovanze, invalidità e vecchiaia. Tali gli scopi del Ventaglio della Torre, o della Romolo e Remo fondata nella Lupa attorno al 1870, della quale Garibaldi fu presidente onorario. Altre inclusero l'istruzione popolare e l'alfabetizzazione tra i loro scopi. Tra di esse fu la Società di Mutuo Soccorso istruzione ed educazione della Stella dell'Onda. Altre società promossero conferenze e dibattiti: nel 1893 al Giardino, società sorta nel rione del Bruco, si tenne una serie di dibattiti sull'emancipazione femminile.
Il rinnovato ruolo delle Contrade nella vita della città si mostrò in occasione di un progetto di legge che voleva sopprimere l'Università di Siena, uno degli Atenei più antichi d'Europa, nel quadro di un generale riordino delle Università del Regno. Nel gennaio 1893 i rappresentanti delle Contrade indissero un comizio e una manifestazione, affissero manifesti. Protestarono anche individualmente con la consueta vivacità: la Torre telegrafò a Giolitti, L'oca a Crispi, il Nicchio al Re d'Italia. Il progetto "indegno di un governo cui è commessa la tutela delle liberali franchigie" fu alla fine accantonato per sempre.
L'anno seguente i diciassette Priori delle Contrade fondarono il Magistrato delle Contrade, un organismo di direzione, discussione e coordinamento di tutte le questioni di comune interesse per le Contrade. Nel 1895 il Magistrato iniziava la sua attività, regolata da uno statuto che prevede attualmente l'elezione annuale di un Rettore e di una Deputazione di quattro membri che lo coadiuva. Nel 1878, dopo un secolo di cambiamenti e esperimenti sulla coreografia del corteo storico, che aveva portato in Piazza costumi di varie fogge e diverse epoche, furono rinnovate le monture di Piazza, prendendo a modello di riferimento e ispirazione i costumi del Trecento senese. I bozzetti che furono presentati dalle Contrade e approvati dal Comune, vennero realizzati dalle Contrade stesse. In questi anni, concluso il processo del Risorgimento, Casa Savoia aveva iniziato una cosciente politica verso le feste e le tradizioni d'Italia. I reali compirono il Gran Tour del loro nuovo regno, incoraggiarono più di un revival di antiche feste dimenticate. Anche in Italia come in Europa ci fu la reinvenzione della tradizione. Legnano, Pontida, Barletta e "del comun la rustica virtù" furono trattate come antecedenti del nuovo stato e della sua auspicata nuova coscienza monarchica e nazional-popolare. Lo stesso, come mostrano gli studi di George Mosse o di E.J. Hobsbawm, sarebbe accaduto in tutta Europa tra il 1870 e la prima guerra mondiale. Umberto I e Margherita di Savoia vennero e tornarono a Siena, e dopo la visita del 1887 sparsero nell'araldica contradaiola quelle trouvailles sabaude che vi si vedono ancora: rose di cipro, nodi e margherite, iniziali e collari dell'Annunziata. La città più che al re si affezionò a Margherita, che ne divenne l'ennesima protettrice; le dedicò una variante del medievale panpepato, il panforte margherita, la invocò in sguaiati ma in fondo affettuosi stornelli popolari, inviò i suoi bimbi più belli a offrirle mazzi di margherite e impasticcate poesiole; le fiere popolane di Fontebranda le offrirono di darle del tu; le vennero offerte le chiavi della casa di Santa Caterina. Siena celebrò a suo modo l'unità d'Italia e rispose alla politica festiva dei Savoia: nell'ultimo decennio del secolo si corsero 28 Palii.
Agli inizi del XX secolo, Contrade e Comune furono impegnati in un altro rinnovo dei costumi, che nel 1904 scelse definitivamente la foggia medievale-rinascimentale già sperimentata una generazione prima e che tra purismo e liberty avrebbe trovato sicura eco e attecchito definitivamente nel gusto dei senesi.
Il Corteo Storico con la sua esplicita rievocazione dei passati fasti della
città e del suo antico stato divenne grande rappresentazione della memoria
storica e dell'identità civica di Siena, con il passato che tornava presente e
reale.Nel regolamento del 1852, a firma del Gonfaloniere Angelo Piccolomini, si proibisce di somministrare ai cavalli sostanze spiritose, sotto responsabilità dei Capitani. La leggenda del beverone, metà pozione magica e metà ricostituente cerusico, pietra filosofale delle stalle di contrada, sarebbe durata a lungo, con la sua promessa di istantanee metamorfosi di un brocco in un Pegaso. Appare dopo la metà del secolo il primo eroe tra i cavalli. E' lo Stornino di Belforte, che si segnalò per intelligenza e attaccamento al Palio. Infatti si narrava che sentisse l'avvicinarsi della festa e cambiasse personalità divenendo anche lui, da tranquillo cavallo di un curato di campagna, un barbero degno dei focosi corsieri che giostravano nelle antiche Carriere. Vinse 18 Palii, l'ultimo dei quali nel 1877, a ventuno anni suonati. Alla sua morte l'Accademia dei Fisiocritici lo acquistò per imbalsamarlo.
Concluso il Risorgimento a Siena le Contrade mostrarono tutta la loro vitalità. Ancora una volta, di fronte ai rivolgimenti della grande storia, agli enigmi e alle incertezze dei tempi nuovi, i contradaioli si associarono e riassociarono stringendosi intorno alle loro tradizioni. Fu all'interno delle Contrade che a Siena si sviluppò l'associazionismo di fine secolo, che produsse una miriade di società i cui membri raramente superarono il numero di cinquanta. Alcune di esse furono diretta filiazione delle Contrade, altre ebbero base rionale o occupazionale. Nei primi anni la finalità precipua di tali società fu il mutuo soccorso: si forniva assistenza per infortuni, vedovanze, invalidità e vecchiaia. Tali gli scopi del Ventaglio della Torre, o della Romolo e Remo fondata nella Lupa attorno al 1870, della quale Garibaldi fu presidente onorario. Altre inclusero l'istruzione popolare e l'alfabetizzazione tra i loro scopi. Tra di esse fu la Società di Mutuo Soccorso istruzione ed educazione della Stella dell'Onda. Altre società promossero conferenze e dibattiti: nel 1893 al Giardino, società sorta nel rione del Bruco, si tenne una serie di dibattiti sull'emancipazione femminile.
Il rinnovato ruolo delle Contrade nella vita della città si mostrò in occasione di un progetto di legge che voleva sopprimere l'Università di Siena, uno degli Atenei più antichi d'Europa, nel quadro di un generale riordino delle Università del Regno. Nel gennaio 1893 i rappresentanti delle Contrade indissero un comizio e una manifestazione, affissero manifesti. Protestarono anche individualmente con la consueta vivacità: la Torre telegrafò a Giolitti, L'oca a Crispi, il Nicchio al Re d'Italia. Il progetto "indegno di un governo cui è commessa la tutela delle liberali franchigie" fu alla fine accantonato per sempre.
L'anno seguente i diciassette Priori delle Contrade fondarono il Magistrato delle Contrade, un organismo di direzione, discussione e coordinamento di tutte le questioni di comune interesse per le Contrade. Nel 1895 il Magistrato iniziava la sua attività, regolata da uno statuto che prevede attualmente l'elezione annuale di un Rettore e di una Deputazione di quattro membri che lo coadiuva. Nel 1878, dopo un secolo di cambiamenti e esperimenti sulla coreografia del corteo storico, che aveva portato in Piazza costumi di varie fogge e diverse epoche, furono rinnovate le monture di Piazza, prendendo a modello di riferimento e ispirazione i costumi del Trecento senese. I bozzetti che furono presentati dalle Contrade e approvati dal Comune, vennero realizzati dalle Contrade stesse. In questi anni, concluso il processo del Risorgimento, Casa Savoia aveva iniziato una cosciente politica verso le feste e le tradizioni d'Italia. I reali compirono il Gran Tour del loro nuovo regno, incoraggiarono più di un revival di antiche feste dimenticate. Anche in Italia come in Europa ci fu la reinvenzione della tradizione. Legnano, Pontida, Barletta e "del comun la rustica virtù" furono trattate come antecedenti del nuovo stato e della sua auspicata nuova coscienza monarchica e nazional-popolare. Lo stesso, come mostrano gli studi di George Mosse o di E.J. Hobsbawm, sarebbe accaduto in tutta Europa tra il 1870 e la prima guerra mondiale. Umberto I e Margherita di Savoia vennero e tornarono a Siena, e dopo la visita del 1887 sparsero nell'araldica contradaiola quelle trouvailles sabaude che vi si vedono ancora: rose di cipro, nodi e margherite, iniziali e collari dell'Annunziata. La città più che al re si affezionò a Margherita, che ne divenne l'ennesima protettrice; le dedicò una variante del medievale panpepato, il panforte margherita, la invocò in sguaiati ma in fondo affettuosi stornelli popolari, inviò i suoi bimbi più belli a offrirle mazzi di margherite e impasticcate poesiole; le fiere popolane di Fontebranda le offrirono di darle del tu; le vennero offerte le chiavi della casa di Santa Caterina. Siena celebrò a suo modo l'unità d'Italia e rispose alla politica festiva dei Savoia: nell'ultimo decennio del secolo si corsero 28 Palii.
Agli inizi del XX secolo, Contrade e Comune furono impegnati in un altro rinnovo dei costumi, che nel 1904 scelse definitivamente la foggia medievale-rinascimentale già sperimentata una generazione prima e che tra purismo e liberty avrebbe trovato sicura eco e attecchito definitivamente nel gusto dei senesi.
Paradossalmente però questa "metastoricità" non si è ottenuta con la replica di un rito sempre uguale a se stesso, ma al contrario con continue innovazioni purchè il presente sia in linea con il passato, l'innovazione sappia parlare il linguaggio della tradizione.
Così nel 1919, dopo la grande guerra, per i reduci che assistevano al Palio si introdusse la "sbandierata della vittoria" di diciassette alfieri, naturalmente ognuno al rullo del suo tamburo, appena prima dell'uscita dei cavalli dall'Entrone. L'innovazione passò subito nel rito perchè gli è congeniale, perchè rappresenta l'irruzione in Piazza di un concitato "ordine-disordine" dopo l'impeccabile, studiata, struggente lentezza del Corteo Storico.
A rappresentare il "disordine", l'entropia che rischia di mettere in crisi le regole e l'ordine delle cose, erano come sempre la caotica mossa e la carriera tumultuosa, che all'inizio del secolo trovò i suoi nuovi eroi. I fantini venivano dalla piana empolese, dal Monte Amiata, dalla Maremma dall'Alto Lazio.
Tra tutti primeggiò subito Angelo Meloni detto Picino, uno dei più grandi di tutti i tempi. Era di Canapina sul Monte Cimino. Corse 52 volte, indossò 15 giubbetti, vinse 13 Palii in sette Contrade diverse, 4 per l'Oca alla quale restò sempre legato. In corsa il Meloni mostrò uno stile ruvido ed essenziale e una forza fisica rimarchevole. a dispetto di una menomazione a un braccio corse volentieri di cavallo e di nerbo. Nell'agosto del 1909 vinse nel Drago nerbando Nicchio e Pantera. L'anno seguente nel Montone nerbando Nicchio e Onda; giostrando col cavallo nel 1913 vinse nell'istrice. Il suo strapotere in Piazza fu mitigato dal fatto che dal 1907 per paura dei sempre adombrati "monti" fra i fantini, si impedì a parenti stretti di correre nello stesso Palio e così il Meloni fece spazio al Meloncino, suo figlio Corrado, che avrebbe vinto due Palii.
Il Meloni ebbe alcuni degni comprimari. Domenico Fradiacono, detto Scansino, che nel 1896 vinse un cappotto per la Torre. A cavallo di due secoli, Scansino corse 30 Palii vincendone 7. Aldo Mantovani detto Bubbolo fu uno dei rarissimi fantini di Siena. Esordì nel 1910, corse 31 Palii e ne vinse 4. Alduino Emidi detto Zaraballe si presentava in una sua maniera assai diretta, quasi uno slogan con il quale si proponeva come fantino alle Contrade "mi chiamo Zaraballe, vengo dalla Puglia e tengo cosce buone". Con quelle tra il 1902 e il 1922 avrebbe montato 22 cavalli nel Palio e vinto 2 volte.
Dopo la pausa per Palio e
Contrade imposta dalla guerra, la vita comunitaria delle Società riprese vigore,
ma con l'avvento del Fascismo passò sotto l'egidia dell'Opera Nazionale
Dopolavoro. Fermi e intoccabili restarono le Sedi Storiche e gli Oratori. Il
cambiamento non fu sempre pacifico; le nuove autorità sciolsero d'imperio
alcune società di Contrada particolarmente riottose, come l'Alba nel Bruco e il
Rinoceronte nella Selva. Per non seguire la stessa sorte, il Castelmontorio del
Valdimontone si sciolse da sé. Ma subito nacquero nuove Società che di fatto
negoziarono col nuovo regime un loro spazio di autonomia, secondo l'adagio
sempre e mai vero che "in Contrada non si fa politica".
Durante il fascismo le Contrade fecero qualche rara sortita dal loro contesto naturale della città: una a Roma nel 1930 per le "nozze principesche" di Umberto di Savoia e Maria José del Belgio, un'altra al giardino dei Boboli di Firenze nel 1936. Là, confuse loro malgrado ad altre rappresentazioni di quei "giochi virili" che il regime aveva resuscitati ritenendoli utili a forgiare una gioventù "agile, veloce e scattante", le comparse del Palio salutarono Hitler e Mussolini. Vittorio Emanuele III venne spesso al Palio, quasi sempre in forma privata. La visita a Siena divenne un frequente side trip delle sue vacanze a San Rossore. Il Re guardava il Palio dal Palazzo comunale apparendo alla trifora alla quale si era affacciato Carlo V. Al Re i fantini alzarono tutti insieme il nerbo nel luglio 1937, prima di andare alla mossa, introducendo un'innovazione che è rimasta nel rituale paliesco. Il Palio del luglio 1936 fu detto "dell'impero" perchè celebrava l'impresa africana del Fascismo. Il drappellone, vinto dalla Giraffa, fu in seguito autografato del "Re Imperatore". La Giraffa per quella fausta vittoria e con l'avallo della real casa cominciò a chiamarsi "imperiale". Con la disinvoltura e il distacco che il Palio in fondo ha sempre mostrato per i regimi, nel suo inno si sarebbe poi presentata come "reale, imperiale, repubblicana ancor!".
Il Palio tratta i regimi come entità rispetto a esso effimere, perchè appartengono alla storia di corta durata e alla struttura superficiale, mentre il Palio si sente parte della struttura profonda e della storia di lunga durata: "Lui ha da andare e io ho da restare" diceva, nello stesso senso, il Savonarola di Lorenzo de' Medici. Mussolini si mostrò sensibile alle richieste del Comune di Siena, che già allora cercò di tutelare il Palio distinguendolo dai revivals che pullularono in tutta la penisola. In risposta a una richiesta inoltrata dal podestà Bargagli Petrucci, nel 1935 giunse al Prefetto di Siena una lettera nella quale si comunicava "avere il Duce con apposita ordinanza disposto che l'appellativo di Palio fosse riservato esclusivamente al Palio senese". Mussolini però non venne mai al Palio. Circolò la boutade che il Duce, sentendosi unico, mal sopportasse l'idea di venire in una città che di Duci ne aveva già 17.
Durante il fascismo le Contrade fecero qualche rara sortita dal loro contesto naturale della città: una a Roma nel 1930 per le "nozze principesche" di Umberto di Savoia e Maria José del Belgio, un'altra al giardino dei Boboli di Firenze nel 1936. Là, confuse loro malgrado ad altre rappresentazioni di quei "giochi virili" che il regime aveva resuscitati ritenendoli utili a forgiare una gioventù "agile, veloce e scattante", le comparse del Palio salutarono Hitler e Mussolini. Vittorio Emanuele III venne spesso al Palio, quasi sempre in forma privata. La visita a Siena divenne un frequente side trip delle sue vacanze a San Rossore. Il Re guardava il Palio dal Palazzo comunale apparendo alla trifora alla quale si era affacciato Carlo V. Al Re i fantini alzarono tutti insieme il nerbo nel luglio 1937, prima di andare alla mossa, introducendo un'innovazione che è rimasta nel rituale paliesco. Il Palio del luglio 1936 fu detto "dell'impero" perchè celebrava l'impresa africana del Fascismo. Il drappellone, vinto dalla Giraffa, fu in seguito autografato del "Re Imperatore". La Giraffa per quella fausta vittoria e con l'avallo della real casa cominciò a chiamarsi "imperiale". Con la disinvoltura e il distacco che il Palio in fondo ha sempre mostrato per i regimi, nel suo inno si sarebbe poi presentata come "reale, imperiale, repubblicana ancor!".
Il Palio tratta i regimi come entità rispetto a esso effimere, perchè appartengono alla storia di corta durata e alla struttura superficiale, mentre il Palio si sente parte della struttura profonda e della storia di lunga durata: "Lui ha da andare e io ho da restare" diceva, nello stesso senso, il Savonarola di Lorenzo de' Medici. Mussolini si mostrò sensibile alle richieste del Comune di Siena, che già allora cercò di tutelare il Palio distinguendolo dai revivals che pullularono in tutta la penisola. In risposta a una richiesta inoltrata dal podestà Bargagli Petrucci, nel 1935 giunse al Prefetto di Siena una lettera nella quale si comunicava "avere il Duce con apposita ordinanza disposto che l'appellativo di Palio fosse riservato esclusivamente al Palio senese". Mussolini però non venne mai al Palio. Circolò la boutade che il Duce, sentendosi unico, mal sopportasse l'idea di venire in una città che di Duci ne aveva già 17.
Tra le due guerre il corteo
storico si rinnovò e divenne ancor più splendido e solenne del precedente. Il
rinnovo dei costumi e del Carroccio avvenne nel 1928, con la supervisione di
una commissione comunale di "artisti e competenti in materia"
presieduta dal Podestà. Il costo sostenuto da Comune, Monte dei Paschi,
Contrade e sottoscrizioni tra i privati cittadini, superò il milione di lire.
Lo stile prescelto per le monture fu quello di fine '400, perchè in quel tempo
le Contrade cominciarono ad apparire in Piazza. Il corteo cioè cominciò a
citare esplicitamente se stesso e il proprio passato, chiudendosi
simbolicamente in un circolo chiuso come era accaduto nel passaggio dal Palio
alla lunga al Palio alla tonda.
Il nuovo Carroccio, adorno
di allegorie delle Contrade dipinte da Federigo Joni, non fu più tirato da
cavalli ma da sei grandi buoi di razza chianina, condotti da bovari, quasi a
rappresentare un omaggio delle campagne senesi alla città. Nel 1936, per dare
ancora maggior pompa al corteo furono introdotti i figuranti delle corporazioni
e delle arti e del tribunale della mercanzia. Gli armigeri di Palazzo furono
aumentati di numero e posti di scorta al Carroccio, i loro due tamburini
dettero al corteo una chiusura sonora.
Le attività teatrali nelle quali si
segnalò il prolifico impegno di Silvio Gigli, riscossero grande popolarità
nelle Contrade. L'operetta di ambiente paliesco di Luigi Bonelli,
"Rompicollo", fu rappresentata in Italia e all'estero. Nel 1932
Alessandro Blasetti girò a Siena "Palio", un film di intrigo, (la cui
sceneggiatura riprendeva alcune novelle del Bonelli), che fu proiettato con
buon successo nelle sale italiane.
Molte furono anche le gite sociali e di istruzione
organizzate per i contradaioli verso mete in tutta Italia.
Ma il fenomeno nuovo
fu la costituzione nell'ambito delle Contrade di gruppi sportivi, e soprattutto
di squadre di calcio: nel 1928 ne erano attive undici.
Per l'ultima volta nei colori delle Contrade alcuni lessero allusioni
politiche: il rosso della Torre contro il tricolore dell'Oca. Ma per i senesi
la Torre rimase Salicotto e l'Oca Fontebranda.
In Piazza Oca e Torre si affrontarono
come sempre senza esclusione di colpi. L'Oca fu nel TONO (Tartuca, Onda
Nicchio, Oca), l'unica precaria coalizione di Contrade della storia del Palio
che vinse alcuni palii ma si sciolse con astio quando nel 1934 l'Oca andò a
vincere contro gli accordi ("Quella del 34/ ci s'è legata al dito / Papero
sciabordito" cantò con astio il Nicchio). La Torre invece si legò a
Ganascia, il vero successore del Meloni che liquidò il suo maestro proprio con
la sua arma preferita, a nerbate, nel 1933 ("il nerbo di Ganascia/è fatto
alla rotonda/ per nerbà l'Oca e l'Onda" cantò uno stornello della Torre di
quegli anni).
Ganascia piacque per quella che appariva generosa combattività.
In realtà fu un calcolatore meticoloso che cercava di non lasciar niente al
caso. Le sue strategie erano elaborate in sedute interminabili nei lunghi
inverni di Monticello Amiata dove era nato da Domenico Leoni detto il Moro,
fantino vittorioso due volte. Anche Ganascia vestì quasi tutti i giubbetti,
quindici in venti anni, e riuscì a vincere otto palii. Tra di essi rimase
memorabile il "cappotto" del 1933 nella Tartuca, per di più sullo
stesso barbero, il leggendario Folco.Folco era un sauro di carattere mite e docile alla guida, uno di quei maremmani che per decenni sarebbero stati la stragrande maggioranza dei barberi di Piazza. A portarli a Siena erano i butteri, sorta di cow boys nostrani, o i "bestiai", i commercianti di cavalli che animavano le fiere senesi del bestiame di Piazza d'Armi. A tenerli erano i "cavallai" proprietari o tenutari di cavalli da Palio, persone che in quei decenni svolgevano in genere attività legate all'agricoltura. Il più famoso "cavallaio" fu il Sor Ettore Fontani, laureato in legge, agricoltore nell'azienda familiare, commerciante di bestiame e poi di carni, ispettore del Ministero dell'Agricoltura nella zona di Pisa, tornato a Siena per conciliare le necessità quotidiane con le passioni della sua vita: la Contrada e il Palio. Dalle sue stalle passarono molti dei cavalli protagonisti della Piazza e altrettanti fantini famosi, dal Meloni fino ad Aceto. Dietro al Sor Ettore vennero altri nomi famosi a Siena, come il Margiacchi, il Papi e Dedo Pianigiani, il più fortunato di tutti, perchè avrebbe avuto la buona sorte di essere eletto Capitano del Montone, vedersi assegnare il suo cavallo, Belfiore, e con lui vincere il Palio. Ma nessuno dei migliori cavalli di quegli anni, la Giacca, Lina, Lola, Margiacchina, Ruello e Wally (così chiamata in dubbio omaggio alla Simpson) seppe conquistare il cuore dei senesi come Folco che aveva trovato un amico in Pappio, il barbaresco del Drago. Molte storie ancor vive nella tradizione riguardano la loro amicizia. Folco seguiva Pappio senza bisogno di briglie, lo aspettava davanti alle bettole dove lui si fermava per un bicchiere e due chiacchere, e c'è chi giura che a chi lo salutava alla voce rispondeva con un nitrito amichevole. Venne la guerra e Folco fu nascosto nel bosco della tenuta di Cambriano dai proprietari, la famiglia di quel Dario Neri che come manager avrebbero retto le sorti della Sclavo e fondato la casa editrice Electa e come artista avrebbe realizzato le monture dell'Onda, il manifesto del Palio ancora in uso, un drappellone e soprattutto ritratto in maniera insuperata le crete senesi, ricevendo le lodi di amici come Bernard Berenson e Carlo Emilio Gadda. Le attività paliesche e contradaiole furono interrotte dalla seconda guerra mondiale, ma anche in quel grave momento il Palio restò sempre nel cuore dei senesi. Su una Piazza del Campo tracciata sulla sabbia, in un campo prigionieri della Tunisia, dieci senesi corsero nell'agosto del 1943 il loro Palio, indossando spennacchiere di cartone. Il mortaretto era una latta di benzina. Vinse il Bruco, si celebrò con del vinello e molti canti.
Finita la guerra, nel 1945,
insieme alla vita contradaiola, si riprese a correre il Palio con le sue
consuete cadenze. Di più, la lunga astinenza del suddetto periodo costrinse il
Sindaco a farne correre uno straordinario il 20 agosto, passato alla storia
come “il Palio della Pace”. In realtà quel Palio fu alquanto tumultuoso tanto
che il drappellone fu strappato in mille pezzi dai contradaioli del Bruco che
non riuscì a conseguire la vittoria e il Drago, vincitore, lo fece dipingere
uno nuovo.
Nel 1945 inizia anche la lunga e controversa carriera del grande fantino Giuseppe Gentili da Manziana (Roma) detto Ciancone che, proprio a causa della guerra, ritardò a mettersi alla ribalta nel Palio dopo il suo esordio a una tratta nel 1936. Le sue spiccate doti di cavallerizzo gli consentirono di conseguire 9 vittorie dal 1946 al 1969 con un'interruzione di ben 4 anni dovuta al pestaggio prima e all'ostracismo poi da parte dei contradaioli dell'Oca a causa del Palio vinto dalla Torre nel 1961 mentre lui correva per la Contrada di Fontebranda, passato alla storia come “il Palio della rigirata”.
Ma questi anni del dopoguerra sono anche quelli che hanno visto la folgorante (purtroppo troppo corta a causa di una caduta) carriera di un altro grande fantino: Giorgio Terni detto Vittorino, da Monticello Amiata (Gr). Egli, in sole 21 corse, vinse 6 volte di cui 3 nel Nicchio, poi divenuta la sua Contrada di adozione. Il nome di Vittorino è legato anche a quello di una mitica cavalla storna di nome Gaudenzia da lui allenata e che nel 1954 vinse tutti e tre i Palii che furono corsi, di cui uno scosso nella Giraffa precedendo il suo amico-allenatore che correva nel Nicchio. Su questa straordinaria cavalla una scrittrice americana, Marguerite Henry, scrisse anche un libro, venduto in tutto il mondo, dal titolo “Gaudenzia gloria del Palio”. Ma Gaudenzia non fu la sola eroina del Palio del dopoguerra; una ragazza di nome Rosanna Bonelli, a distanza di quasi circa 400 anni, ripeté l'impresa della villanella Virginia, cioè quella di correre il Palio, avvenimento finora non ripetutosi fino ai giorni nostri. Questo evento storico si verificò il 16 agosto del 1957, Palio in cui ella, come “Rompicollo”, indossò il giubbetto dell'Aquila.
Altri mitici cavalli, grandi fantini e importanti eventi hanno caratterizzato il secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. I cavalli che più hanno lasciato il segno nella Piazza del Campo, a partire dalla fine degli anni cinquanta, sono stati senza dubbio, in ordine cronologico, Uberta de Mores, vincitrice di 5 Palii di cui 4 consecutivi, che passò il testimone a Topolone (questo il suo nome più diffuso) vincitore di 7 Palii e a cui il grande giornalista Gianni Brera dedicò addirittura un'ode; poi Panezio, il cavallo che “sapeva leggere e scrivere”, vincitore di 8 Palii in una lunga carriera durata ben 13 anni, Urbino de Ozieri vincitore di 3 corse su solo 4 disputate a causa del suo forzato ritiro per manifesta superiorità e infine Berio, grandissimo cavallo ancora in attività, che su 6 corse, dal 2002 al 2005, ne ha vinte 4 e sempre con lo stesso fantino, Luigi Bruschelli detto Trecciolino, l'astro del momento, colui che negli ultimi 10 anni ha vinto 10 Palii!
Parlando ancora di fantini che hanno lasciato il segno e facendo un passo indietro, è doveroso segnalare il record stabilito dal fantino simbolo degli anni sessanta-settanta-ottanta, Andrea Degortes detto Aceto che, con la 14a sua ultima vittoria nell'Aquila nel 1992, ha stabilito il record di vittorie tra i fantini del Novecento e gli è valso il titolo di “Re della Piazza”. Tra le cose notevoli di questi ultimi 60 anni va senz'altro segnalato il “cappotto” della Giraffa nel 1997, avvenimento che, nel secolo scorso, non accadeva dal 1933 e il rinnovo dei costumi del corteo storico nel 1955, nel 1981 e nel 2000, anno in cui fu corso un Palio straordinario.
Nel 1945 inizia anche la lunga e controversa carriera del grande fantino Giuseppe Gentili da Manziana (Roma) detto Ciancone che, proprio a causa della guerra, ritardò a mettersi alla ribalta nel Palio dopo il suo esordio a una tratta nel 1936. Le sue spiccate doti di cavallerizzo gli consentirono di conseguire 9 vittorie dal 1946 al 1969 con un'interruzione di ben 4 anni dovuta al pestaggio prima e all'ostracismo poi da parte dei contradaioli dell'Oca a causa del Palio vinto dalla Torre nel 1961 mentre lui correva per la Contrada di Fontebranda, passato alla storia come “il Palio della rigirata”.
Ma questi anni del dopoguerra sono anche quelli che hanno visto la folgorante (purtroppo troppo corta a causa di una caduta) carriera di un altro grande fantino: Giorgio Terni detto Vittorino, da Monticello Amiata (Gr). Egli, in sole 21 corse, vinse 6 volte di cui 3 nel Nicchio, poi divenuta la sua Contrada di adozione. Il nome di Vittorino è legato anche a quello di una mitica cavalla storna di nome Gaudenzia da lui allenata e che nel 1954 vinse tutti e tre i Palii che furono corsi, di cui uno scosso nella Giraffa precedendo il suo amico-allenatore che correva nel Nicchio. Su questa straordinaria cavalla una scrittrice americana, Marguerite Henry, scrisse anche un libro, venduto in tutto il mondo, dal titolo “Gaudenzia gloria del Palio”. Ma Gaudenzia non fu la sola eroina del Palio del dopoguerra; una ragazza di nome Rosanna Bonelli, a distanza di quasi circa 400 anni, ripeté l'impresa della villanella Virginia, cioè quella di correre il Palio, avvenimento finora non ripetutosi fino ai giorni nostri. Questo evento storico si verificò il 16 agosto del 1957, Palio in cui ella, come “Rompicollo”, indossò il giubbetto dell'Aquila.
Altri mitici cavalli, grandi fantini e importanti eventi hanno caratterizzato il secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. I cavalli che più hanno lasciato il segno nella Piazza del Campo, a partire dalla fine degli anni cinquanta, sono stati senza dubbio, in ordine cronologico, Uberta de Mores, vincitrice di 5 Palii di cui 4 consecutivi, che passò il testimone a Topolone (questo il suo nome più diffuso) vincitore di 7 Palii e a cui il grande giornalista Gianni Brera dedicò addirittura un'ode; poi Panezio, il cavallo che “sapeva leggere e scrivere”, vincitore di 8 Palii in una lunga carriera durata ben 13 anni, Urbino de Ozieri vincitore di 3 corse su solo 4 disputate a causa del suo forzato ritiro per manifesta superiorità e infine Berio, grandissimo cavallo ancora in attività, che su 6 corse, dal 2002 al 2005, ne ha vinte 4 e sempre con lo stesso fantino, Luigi Bruschelli detto Trecciolino, l'astro del momento, colui che negli ultimi 10 anni ha vinto 10 Palii!
Parlando ancora di fantini che hanno lasciato il segno e facendo un passo indietro, è doveroso segnalare il record stabilito dal fantino simbolo degli anni sessanta-settanta-ottanta, Andrea Degortes detto Aceto che, con la 14a sua ultima vittoria nell'Aquila nel 1992, ha stabilito il record di vittorie tra i fantini del Novecento e gli è valso il titolo di “Re della Piazza”. Tra le cose notevoli di questi ultimi 60 anni va senz'altro segnalato il “cappotto” della Giraffa nel 1997, avvenimento che, nel secolo scorso, non accadeva dal 1933 e il rinnovo dei costumi del corteo storico nel 1955, nel 1981 e nel 2000, anno in cui fu corso un Palio straordinario.
Tempi moderni
La fuga dai centri storici
sembrerebbe poter dichiarare la fine delle Contrade: solo il 10% dei
contradaioli abita dentro il rione. Ma esiste una “spazio simbolico” cui
nessuno rinuncia. Territorio (definito dal Bando di Violante di Baviera nel
1729 e solitamente rispettato, fino ad oggi), Oratorio, Sede Storica (più che “Museo”)
“stalla” e “Società di Contrada” non sono certo entità virtuali delle Contrade
moderne. Le Società in specie, oltre a acquisire, o difendere, preziosi spazi
verdi ai limiti delle antiche mura, permettono la socializzazione degli
aderenti surrogando la non più esistente vita di rione.
Ogni Contrada ha il suo
fonte battesimale laico: le “fontanine” o antiche fonti; una particolarità come
i tanti tabernacoli che fanno bella mostra di sé, con i segni simbolici della
Contrada ben presenti, agli angoli di molte vie dei rioni.
La Contrada, piccola Patria autonoma, accompagna il contradaiolo dalla nascita alla morte. Vi si può appartenere in diverse maniere: per lo “Jus soli” (nascita dentro i confini), per lo “Jus sanguinis” (per discendenza, essendo i genitori, o uno di essi, di “quella” Contrada; per lo “Jus affinitatis”, cioè per scelta laddove mancano i precedenti requisiti. I “protettori” sono coloro che finanziano la Contrada ed hanno uguali diritti e doveri indipendentemente dall'appartenenza sociale.
La struttura è democratica, più riferita al Rinascimento che all'età contemporanea. Si scelgono i dirigenti di regola ogni due anni su proposta di una Commissione Elettorale votata in Assemblea Generale. Esiste un Consiglio Generale, molto numeroso e non operativo, e un Seggio formato da un numero ristretto di membri: il vero Governo della Contrada con incarichi che vanno dal Priore, al Vicario, dal Camerlengo (antica dizione per il Cassiere) agli addetti ai beni mobili e immobili. Per il Palio assume i pieni poteri il Capitano, coadiuvato da due o tre Mangini (o Tenenti). Esiste un Correttore (Sacerdote) che cura la parte religiosa oltre a benedire il cavallo primo di ogni Palio. C'è un Collegio di Maggiorenti, ex alti dirigenti, che vigilano sul rispetto dello Statuto. La Società delle Donne e dei Giovani affiancano i dirigenti nella formazione e operatività quotidiana.
Le Contrade sono piccoli esempi di perfetta autonomia e vita democratica sottoposta quotidianamente al giudizio degli “elettori”.
Le Contrade si identificano in porzioni di territorio comunali iscritti all'interno della cinta muraria. Chi vi nasce è contradaiolo e, per logica conseguenza, ha il dovere e il diritto di partecipare alla vita della propria Contrada. Il territorio è il primo e fondamentale elemento costitutivo delle Contrade.
Non è possibile determinare con esattezza quando si formarono le attuali 17 Contrade: ciò dipende dalla mancanza di documenti contemporanei al nascere delle Contrade stesse. Tuttavia, vi sono testimonianze che provano la loro esistenza fin dalla metà del secolo XV.
Fin dal secolo XI, sotto la potestà dei vescovi - ha scritto Giovanni Cecchini - "la popolazione urbana aveva preso l'abitudine di adunarsi presso le chiese e cappelle cittadine per trattare gli argomenti di interesse comune. Questa abitudine, che riuniva gli abitanti dei vari rioni e che rappresentava la divisione della città in altrettante sezioni, venne a determinare la formazione di circoscrizioni", cioè di divisioni amministrative territoriali.
La suddivisione più antica di Siena, comunemente accettata dagli storici, è quella in tre parti, dette TERZI o TERZIERI, e cioè:
• TERZO DI CITTA'
• TERZO DI SAN MARTINO
• TERZO DI CAMOLLIA
Ogni Terzo organizzava per ciascun rione delle Compagnie Militari, che avevano l'obbligo di difendere il Comune in caso di guerra, attendere alla guardia delle mura e delle porte, pattugliare le strade di notte. Nel Trecento il popolo senese era distribuito in 42 Contrade, che dopo la terribile "peste nera" del 1348 si ridussero a poco più di venti.
Compagnie Urbane e Contrade subirono tra i secoli XV e XVII una lunga evoluzione. Delle antiche organizzazioni conservarono la costituzione e certe abitudini (come quella di riunirsi nelle chiese): ma, perduta la primitiva funzione militare ed attenuatasi quella civile, assunsero scopi eminentemente sociali e ricreativi.
Le Contrade come le conosciamo oggi, furono delineate nel 1729 con il "Bando sui confini" ad opera della Governatrice Violante Beatrice di Baviera.
La Contrada, piccola Patria autonoma, accompagna il contradaiolo dalla nascita alla morte. Vi si può appartenere in diverse maniere: per lo “Jus soli” (nascita dentro i confini), per lo “Jus sanguinis” (per discendenza, essendo i genitori, o uno di essi, di “quella” Contrada; per lo “Jus affinitatis”, cioè per scelta laddove mancano i precedenti requisiti. I “protettori” sono coloro che finanziano la Contrada ed hanno uguali diritti e doveri indipendentemente dall'appartenenza sociale.
La struttura è democratica, più riferita al Rinascimento che all'età contemporanea. Si scelgono i dirigenti di regola ogni due anni su proposta di una Commissione Elettorale votata in Assemblea Generale. Esiste un Consiglio Generale, molto numeroso e non operativo, e un Seggio formato da un numero ristretto di membri: il vero Governo della Contrada con incarichi che vanno dal Priore, al Vicario, dal Camerlengo (antica dizione per il Cassiere) agli addetti ai beni mobili e immobili. Per il Palio assume i pieni poteri il Capitano, coadiuvato da due o tre Mangini (o Tenenti). Esiste un Correttore (Sacerdote) che cura la parte religiosa oltre a benedire il cavallo primo di ogni Palio. C'è un Collegio di Maggiorenti, ex alti dirigenti, che vigilano sul rispetto dello Statuto. La Società delle Donne e dei Giovani affiancano i dirigenti nella formazione e operatività quotidiana.
Le Contrade sono piccoli esempi di perfetta autonomia e vita democratica sottoposta quotidianamente al giudizio degli “elettori”.
Le Contrade si identificano in porzioni di territorio comunali iscritti all'interno della cinta muraria. Chi vi nasce è contradaiolo e, per logica conseguenza, ha il dovere e il diritto di partecipare alla vita della propria Contrada. Il territorio è il primo e fondamentale elemento costitutivo delle Contrade.
Non è possibile determinare con esattezza quando si formarono le attuali 17 Contrade: ciò dipende dalla mancanza di documenti contemporanei al nascere delle Contrade stesse. Tuttavia, vi sono testimonianze che provano la loro esistenza fin dalla metà del secolo XV.
Fin dal secolo XI, sotto la potestà dei vescovi - ha scritto Giovanni Cecchini - "la popolazione urbana aveva preso l'abitudine di adunarsi presso le chiese e cappelle cittadine per trattare gli argomenti di interesse comune. Questa abitudine, che riuniva gli abitanti dei vari rioni e che rappresentava la divisione della città in altrettante sezioni, venne a determinare la formazione di circoscrizioni", cioè di divisioni amministrative territoriali.
La suddivisione più antica di Siena, comunemente accettata dagli storici, è quella in tre parti, dette TERZI o TERZIERI, e cioè:
• TERZO DI CITTA'
• TERZO DI SAN MARTINO
• TERZO DI CAMOLLIA
Ogni Terzo organizzava per ciascun rione delle Compagnie Militari, che avevano l'obbligo di difendere il Comune in caso di guerra, attendere alla guardia delle mura e delle porte, pattugliare le strade di notte. Nel Trecento il popolo senese era distribuito in 42 Contrade, che dopo la terribile "peste nera" del 1348 si ridussero a poco più di venti.
Compagnie Urbane e Contrade subirono tra i secoli XV e XVII una lunga evoluzione. Delle antiche organizzazioni conservarono la costituzione e certe abitudini (come quella di riunirsi nelle chiese): ma, perduta la primitiva funzione militare ed attenuatasi quella civile, assunsero scopi eminentemente sociali e ricreativi.
Le Contrade come le conosciamo oggi, furono delineate nel 1729 con il "Bando sui confini" ad opera della Governatrice Violante Beatrice di Baviera.
GLOSSARIO DEL PALIO
Bandierino:
il punto d'arrivo della carriera;
Barbaresco:
il contradaiolo addetto alla cura del cavallo;
Barbero:
il cavallo da corsa, ma anche le tradizionali biglie di legno colorate con le
insegne delle contrade, caratteristico gioco senese;
Bombolone:
cavallo molto forte;
Brenna:
cavallo considerato scarso;
Canapi:
indica le grosse funi che delimitano la zona della mossa, ma anche il periodo
di attesa della partenza della corsa, proverbialmente piuttosto lungo e carico
di tensione (stare "fra i canapi");
Capitano:
il contradaiolo che, durante il periodo del Palio, è plenipotenziario della
gestione della contrada;
Cappotto:
quando una contrada riesce a vincere, nello stesso anno, entrambi i Palii
(l'ultimo nel 1997 da parte della Giraffa);
Carriera:
la corsa;
Carroccio:
il carro tirato da buoi che durante il corteo storico trasporta il palio;
Cencio:
il palio (il drappo che viene assegnato al vincitore);
Comparse:
i rappresentanti in costume di una contrada che partecipano al corteo storico;
Contrade
soppresse: nel XVII secolo queste andarono lentamente estinguendosi per carenze
organizzative, non partecipazioni alla vita pubblica e così via. Il loro
territorio fu inglobato dalle Contrade confinanti e di loro rimane traccia
negli stemmi di alcune Contrade attuali. Le ultime contrade soppresse furono:
Gallo, Orso, Vipera, Quercia, Leone, Spadaforte[21].
Cuffia:
il simbolo metaforico della contrada nonna, quella ciò che ha la sua ultima
vittoria più lontana nel tempo;
Drappellone:
il palio (drappo che viene assegnato al vincitore);
Duce:
figura rievocata nel corteo storico, rappresenta il comandante delle compagnie
militari delle antiche contrade medioevali. Attualmente è solo una figura
rappresentativa, senza alcun potere;
Mangino:
è il nome comunemente usato a Siena per la carica di Tenente della Contrada, il
braccio destro del Capitano di contrada, che, assieme a questo organizza i
partiti per la contrada durante il palio; ogni contrada ha due Tenenti
(Mangini)
Masgalano
(l'etimologia della parola proviene dallo spagnolo: "mas galante",
cioè "più elegante"): oggetto scolpito (originariamente un piatto,
oggi prende via via varie forme e dimensioni) solitamente in metallo prezioso
che viene assegnato alla contrada che abbia effettuato la migliore figura nel
corteo storico. In pratica consiste in un premio ai figuranti, in special modo
gli alfieri ed il tamburino, più abili;
Montura:
indica gli abiti, ispirati all'epoca rinascimentale, utilizzati dalle comparse
(o monturati) delle diverse contrade durante il corteo storico che precede la
corsa;
Mossa:
indica l'inizio della corsa vera e propria, ma anche il punto della piazza da
dove la corsa parte;
Mossiere:
il personaggio designato a regolamentare la partenza (mossa) della corsa;
Nerbata:
l'utilizzo del nerbo contro un fantino avversario;
Nerbo:
il tendine essiccato di bue utilizzato dai fantini quale frusta;
Nonna:
la contrada che non vince il palio da più tempo;
Palio:
il termine può essere utilizzato per indicare la corsa dei cavalli, ma anche il
drappo assegnato al vincitore della corsa;
Partiti:
gli accordi, più o meno segreti, fra le diverse contrade per la vittoria del
Palio;
Passeggiata:
il corteo storico;
Priore:
in quasi tutte le contrade, con questo titolo è designato il contradaiolo
eletto a capo della contrada per tutto l'anno (periodo del Palio escluso). Nel
Bruco si chiama Rettore mentre nell'Oca è detto Governatore;
Rincorsa:
la posizione di partenza del decimo cavallo, situato al di fuori dello spazio
delimitato dai canapi. Poiché è proprio l'entrata del decimo cavallo nei canapi
a determinare la partenza della corsa, questa posizione è considerata
particolarmente favorevole per favorire (o sfavorire) un'altra contrada,
piuttosto che per la vittoria. Infatti la contrada di rincorsa parte da una
posizione arretrata e deve percorrere una parte del primo giro sul lato più
esterno della pista, il che la mette potenzialmente in svantaggio rispetto alle
nove che partono dai canapi;
Scosso:
il cavallo che ha disarcionato il fantino;
Soprallasso:
il cavallo, di scarso valore, che il fantino monta durante il corteo storico;
Spennacchiera:
indica la coccarda coi colori della contrada di appartenenza, applicata sulla
fronte del cavallo;
Steccato:
le barriere di legno che delimitano internamente la pista. La posizione di partenza
"allo steccato" indica le posizioni più interne, considerate
comunemente fra le più favorevoli per la vittoria della corsa;
Tratta:
la scelta e l'assegnazione alle contrade (per estrazione) dei cavalli per la
corsa; ha luogo il 29 giugno per il Palio di Provenzano e il 13 agosto per
quello dell'Assunta;
Verrocchio:
palco situato appena sopra la zona della mossa, da dove il mossiere gestisce le
operazioni relative alla partenza.
Nel Palio è in uso da tempo
immemorabile una terminologia specifica per definire i diversi protagonisti o
momenti della corsa. Di seguito, alcuni termini più noti:
Alfiere:
lo sbandieratore di una contrada;
Bandierino: il punto d'arrivo della carriera;
Barbaresco: il contradaiolo addetto alla cura del cavallo;
Barbero: il cavallo da corsa, ma anche le tradizionali biglie di legno colorate con le insegne delle contrade, caratteristico gioco senese;
Bombolone: cavallo molto forte;
Brenna: cavallo considerato scarso;
Canapi: indica le grosse funi che delimitano la zona della mossa, ma anche il periodo di attesa della partenza della corsa, proverbialmente piuttosto lungo e carico di tensione (stare "fra i canapi");
Capitano: il contradaiolo che, durante il periodo del Palio, è plenipotenziario della gestione della contrada;
Cappotto: quando una contrada riesce a vincere, nello stesso anno, entrambi i Palii (l'ultimo nel 1997 da parte della Giraffa);
Carriera: la corsa;
Carroccio: il carro tirato da buoi che durante il corteo storico trasporta il palio;
Cencio: il palio (il drappo che viene assegnato al vincitore);
Comparse: i rappresentanti in costume di una contrada che partecipano al corteo storico;
Contrade soppresse: nel XVII secolo queste andarono lentamente estinguendosi per carenze organizzative, non partecipazioni alla vita pubblica e così via. Il loro territorio fu inglobato dalle Contrade confinanti e di loro rimane traccia negli stemmi di alcune Contrade attuali. Le ultime contrade soppresse furono: Gallo, Orso, Vipera, Quercia, Leone, Spadaforte[21].
Cuffia: il simbolo metaforico della contrada nonna, quella ciò che ha la sua ultima vittoria più lontana nel tempo;
Drappellone: il palio (drappo che viene assegnato al vincitore);
Duce: figura rievocata nel corteo storico, rappresenta il comandante delle compagnie militari delle antiche contrade medioevali. Attualmente è solo una figura rappresentativa, senza alcun potere;
Mangino: è il nome comunemente usato a Siena per la carica di Tenente della Contrada, il braccio destro del Capitano di contrada, che, assieme a questo organizza i partiti per la contrada durante il palio; ogni contrada ha due Tenenti (Mangini)
Masgalano (l'etimologia della parola proviene dallo spagnolo: "mas galante", cioè "più elegante"): oggetto scolpito (originariamente un piatto, oggi prende via via varie forme e dimensioni) solitamente in metallo prezioso che viene assegnato alla contrada che abbia effettuato la migliore figura nel corteo storico. In pratica consiste in un premio ai figuranti, in special modo gli alfieri ed il tamburino, più abili;
Montura: indica gli abiti, ispirati all'epoca rinascimentale, utilizzati dalle comparse (o monturati) delle diverse contrade durante il corteo storico che precede la corsa;
Mossa: indica l'inizio della corsa vera e propria, ma anche il punto della piazza da dove la corsa parte;
Mossiere: il personaggio designato a regolamentare la partenza (mossa) della corsa;
Nerbata: l'utilizzo del nerbo contro un fantino avversario;
Nerbo: il tendine essiccato di bue utilizzato dai fantini quale frusta;
Nonna: la contrada che non vince il palio da più tempo;
Palio: il termine può essere utilizzato per indicare la corsa dei cavalli, ma anche il drappo assegnato al vincitore della corsa;
Partiti: gli accordi, più o meno segreti, fra le diverse contrade per la vittoria del Palio;
Passeggiata: il corteo storico;
Priore: in quasi tutte le contrade, con questo titolo è designato il contradaiolo eletto a capo della contrada per tutto l'anno (periodo del Palio escluso). Nel Bruco si chiama Rettore mentre nell'Oca è detto Governatore;
Rincorsa: la posizione di partenza del decimo cavallo, situato al di fuori dello spazio delimitato dai canapi. Poiché è proprio l'entrata del decimo cavallo nei canapi a determinare la partenza della corsa, questa posizione è considerata particolarmente favorevole per favorire (o sfavorire) un'altra contrada, piuttosto che per la vittoria. Infatti la contrada di rincorsa parte da una posizione arretrata e deve percorrere una parte del primo giro sul lato più esterno della pista, il che la mette potenzialmente in svantaggio rispetto alle nove che partono dai canapi;
Scosso: il cavallo che ha disarcionato il fantino;
Soprallasso: il cavallo, di scarso valore, che il fantino monta durante il corteo storico;
Spennacchiera: indica la coccarda coi colori della contrada di appartenenza, applicata sulla fronte del cavallo;
Steccato: le barriere di legno che delimitano internamente la pista. La posizione di partenza "allo steccato" indica le posizioni più interne, considerate comunemente fra le più favorevoli per la vittoria della corsa;
Tratta: la scelta e l'assegnazione alle contrade (per estrazione) dei cavalli per la corsa; ha luogo il 29 giugno per il Palio di Provenzano e il 13 agosto per quello dell'Assunta;
Verrocchio: palco situato appena sopra la zona della mossa, da dove il mossiere gestisce le operazioni relative alla partenza.
Nel Palio è in uso da tempo
immemorabile una terminologia specifica per definire i diversi protagonisti o
momenti della corsa. Di seguito, alcuni termini più noti:
Alfiere:
lo sbandieratore di una contrada;
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