Il Giardino dei libri

sabato 6 febbraio 2016

Breve storia del Carnevale e dei suoi festeggiamenti

La parola Carnevale deriva dal latino medioevale “carnem levare”, ovvero “togliere la carne”, perché indicava il banchetto di abolizione della carne che si teneva subito prima del periodo d’astinenza e digiuno della quaresima.
Il Carnevale è festeggiato con feste mascherate, sfilate, carri allegorici e danze nel periodo che va dall’Epifania (in alcune città dal 2 febbraio) al mercoledì delle ceneri, primo giorno di quaresima (nei paesi cattolici, e anche in questi ci sono delle eccezioni, per esempio a Milano, per il carnevale ambrosiano, che termina la prima domenica di quaresima, cioè 4 giorni dopo).

Il fatto che per fede si dovesse digiunare per 40 giorni per prepararsi alla Pasqua doveva risultare un po’ pesante per un popolo che già il digiuno lo faceva “forzatamente” per tutto l’anno. Trascorrere quindi un determinato periodo, prima della quaresima, spensieratamente, rappresentava una valvola di sfogo per evitare che il popolo si ribellasse e potesse trovare sfogo nelle rivolte. Diventò quindi un momento in cui vigeva la più assoluta libertà e tutto diveniva lecito: ogni gerarchia decadeva per lasciare spazio alle maschere, al riso, allo scherzo e alla materialità. Lo stesso mascherarsi rappresentava un modo attraverso il quale uscire dal quotidiano, disfarsi del proprio ruolo sociale, negare sé stessi per divenire altro.


I festeggiamenti del Carnevale hanno un’origine molto molto lontana, probabilmente nelle feste religiose pagane, in cui si faceva uso delle maschere, per allontanare gli spiriti maligni (ne è vivida traccia la “maschera lucana” che tutt’oggi ha tale scopo). E comunque l’ uomo ha usato mascherarsi fin dalla preistoria, per propiziarsi la caccia in quanto la maschera, rendendo l’uomo simile ad un animale, gli dava un potere simbolico e temporaneo sugli animali.
Come abbiamo visto col cristianesimo tali riti persero il loro carattere magico e rituale per trasformarsi in forme di divertimento popolare.
Le prime manifestazioni che ci ricordano il Carnevale risalgono a 4000 anni fa. Furono gli Egizi, ai tempi delle dinastie faraoniche ad ufficializzare una tradizione del carnevale: in un giorno prestabilito dell’anno c’era “un’apertura del carnevale” in cui il popolo, mascherato, conduceva i buoi “cherubs”, che venivano poi sacrificati in onore del dio Nilo, per le vie di Menfi, intonando inni e lodi. Per una settimana c’erano poi feste, riti e manifestazioni pubbliche in onore della dea Iside (dea che presiedeva la fertilità dei campi e simboleggiava il perpetuo rinnovarsi della vita).
Nell’antica Grecia il Carnevale veniva celebrato in varie riprese, tra l’inverno e la primavera, con riti in onore del dio del vino e della vita Dioniso (il romano Bacco). Fra il 15 marzo e il 15 aprile c’era il punto culminante del lungo periodo carnevalesco e in Atene si svolgevano le “Grandi dionisiache”, di tono particolarmente orgiastico.
Prima espressione del Carnevale Romano furono i Saturnali, feste sacre a Saturno, dove il “Re della festa”, estratto a sorte dal popolo, organizzava i giochi nelle piazze. All’inizio i saturnali duravano solo tre giorni, dal 17 al 20 dicembre, ma negli anni divennero sempre più importanti e da tre giorni si passò a sette, fino ad arrivare a quindici nell’epoca imperiale e poi a comprendere tutto il periodo che va dal solstizio d’inverno a tutto il nostro carnevale. La principale caratteristica dei saturnali romani era la sospensione delle leggi e delle norme che regolavano i rapporti umani e sociali dell’epoca. Si sfogava quindi una gioia quasi vendicativa della plebe e degli schiavi. I patrizi era condiscendenti e si abbandonavano ad un periodo di frenetiche vacanze e a lascività di qualsiasi tipo. Era un periodo d’esplosione di rabbia e frenesia incontrollata che spesso degenerava in intemperanza e dissolutezza.


Il Carnevale come lo conosciamo noi è comunque un prodotto del Medioevo e in tal senso il primo documento noto nel quale vengono descritti i festeggiamenti tipici del Carnevale è del 1347 e riguarda la città di Fano. E’ quindi a Fano che si deve il Carnevale più antico d’Italia.
Fu durante i secoli XV° e XVI°, che si diffusero le mascherate pubbliche, e si rinnovarono alcune tradizioni.
Durante il Tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città. In quelle sedi il mascherarsi permetteva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, le caricature di vizi o malcostumi con quelle stesse maschere che sono poi diventate simbolo di città e di debolezze umane.
Durante il Medioevo, il clero tollerò le feste popolari, anche le più grossolane, come la festa dell'asino e la festa dei folli (feste popolari, caratterizzate da gare tra asini o, nel secondo caso, dalla celebrazioni di stravaganze, definite follie).
Durante il Medioevo e il Rinascimento i festeggiamenti in occasione del Carnevale furono introdotti anche nelle corti europee ed assunsero forme più raffinate, legate anche al teatro, alla danza e alla musica.
Tra i divertimenti più diffusi, i balli in maschera erano i più amati. Una curiosità: danzando il ballo degli ardenti, il re di Francia, Carlo VI, stava per perdere la vita, travestito da orso. I partecipanti alla festa dovevano danzare intorno ad un fuoco ed il travestimento ingombrante del sovrano francese prese fuoco durante il ballo.
Il massimo splendore del Carnevale fu raggiunto nel 1500 durante il periodo Gennaio - Marzo. A Firenze, nella culla del Rinascimento, Lorenzo de’ Medici fu eccezionale regista di spettacoli sfarzosi e feste imponenti. Lunghe sfilate di carri allegorici e personaggi in costumi sfarzosi segneranno una svolta di questa festa.
Con la nascita della Commedia dell’Arte (alla fine del 1500) alcuni tipici personaggi allegorici carnevaleschi presero forma, caratterizzandosi nel linguaggio e nella gestualità, trasformandosi nelle “Maschere” della nostra tradizione: Arlecchino, Pantalone, Colombina, ecc.

A partire dal quattrocento, il Carnevale subirà tuttavia anche una serie di attacchi in quanto ritenuta festa troppo pagana, ad opera di moralizzatori come il Savonarola e da parte della Controriforma.
Nel 1700 e 1800 il Carnevale romano fu un avvenimento europeo di grande richiamo. Lo testimonia la vastissima produzione di pittori e scrittori che lo hanno reso eterno nei libri e nei musei di tutto il mondo. Nacque alla fine del 1400 inventato da un veneziano, il gaudente e magnifico Papa Paolo II Barbo, che da Palazzo Venezia diede il via legale allo spettacolo. Cosi racconta il Platina: "Correvano i vecchi, correvano i giovani, correvano i Giudei [...] Correvano i cavalli, le cavalle, gli asini e i bufali con tanto piacere di tutti per le risa grandi [...] Affacciato alla finestra stava il Papa che supremo gusto e piacere di queste feste prendeva". Poi dice che il papa gettava a tutti un carlino. Il popolo era il regista dello spettacolo. C'era la corsa dei cavalli "barberi" da piazza del Popolo a piazza Venezia, c'era la "mossa" per sgombrare la strada, i "mazzettacci" di fiori buttati a bruciapelo sulla faccia. Chiudevano, il martedi grasso, i "moccoletti", e il "mor'ammazzata" sputato in faccia a chi teneva la candela accesa. Spegnerla significava prolungare la festa. "Il corso era un fiume di fuoco"; nelle Lettres a M.me Langlès lo scriveva il De Millin. Gogol, Goethe, e il Grand Tour del Sette-Ottocento sono gli osservatori-narratori dello spettacolo. Le stampe del Thomas, del Pinelli e del Morner sono dei documentari.
Dopo il 1870 ci fu un tentativo "umbertino", sotto la spinta sottile della regina Margherita, gran festaiola; ci furono le sfilate sfrontate ed esilaranti del Generale Mannaggia La Rocca inseguito dalla ragazzaglia scatenata, ma il declino era stato sentenziato dal "no", della Giunta Venturi nel 1876. La "Società Pasquino" lo aveva riproposto, ma il secco diniego capitolino fu motivato dal fatto che quella corsa selvaggia aveva fatto un morto, un soldato del 58° fanteria, un tale Bottino.
Il Carnevale declinò nella seconda metà dell'ottocento e solo dopo la fine della seconda guerra mondiale è tornato ad essere la festa più pazza dell'anno.

Durante i secoli, il Carnevale, ha stimolato la nascita di celebrazioni in forma di combattimento rituale, in cui venivano evidenziate le lotte fra varie parti di una stessa Città (quartieri, rioni, come ancor oggi avviene ad esempio nella battaglia delle arance di Ivrea), o fra classi sociali diverse dei cittadini. 
Così durante il Carnevale prendevano piede le battagliole fra circoscrizioni cittadine in cui i gruppi provenienti da tutta la popolazione si affrontavano a colpi di sassi, bastoni, (oggi sostituiti da manganelli di plastica).
Fra i nobili si organizzavano giochi di origine cortese dov'era importante dimostrare la propria prodezza nell'utilizzo delle armi.
Il Carnevale è anche un personaggio, in genere un fantoccio nel quale possiamo riconoscere un continuatore del Re dei Saturnali.
E come questo veniva alla fine immolato, così il personaggio di Carnevale, dopo aver preso parte a tutte le manifestazioni di allegria e baldoria, viene processato, condannato e bruciato come avviene in molte zone d'Italia e come avveniva presso i romani il sacrificio del dio Saturno.
Naturalmente ad una morte fa generalmente contorno un testamento e così avviene, per esempio, ad Agnone, in Molise, dove un pupazzo rubicondo, coronato da re, viene trasportato, sopra un carro, per le vie del paese tra canti, suoni e schiamazzi. Fermatosi al largo della fontana viene processato e condannato a morte. Prima dell'esecuzione però, nel far testamento rivela tutte le malefatte della comunità: tradimenti, disonestà ecc. A Pettorano sul Gizio addirittura il testamento viene prima esaminato, censurato e visitato dalle autorità. A Staffolo, nelle Marche, il testamento sopravvive ma attraverso espressioni più piacevoli; così pure avviene a Forano nella Chiana ed in altre regioni del Sud. Questo "testamento gentile" è una discendenza diretta di composizioni popolareggianti assai diffuse fin dalla metà del XVI secolo; ha trovato sviluppi teatrali anche in Calabria ed in Toscana attraverso le farse di Carnevale e le befanate.
Se ne trovano tuttora sopravvivenze nel Nord, in Val Canonica e nelle bosinate in dialetto lombardo.
L’uccisione del Carnevale in genere è preceduta dal trasporto del condannato per le vie della città, sorta di parodia, comica e macabra insieme, del corteo funebre.
Tra i vari pianti che accompagnano questi cortei, il più diffuso (dalla Romagna fino all'Italia meridionale) si racchiude in una quartina ripresa poi più avanti in una canzone che riscosse un grosso successo popolare:

"Carnevale perché sei morto?

Pan e vino non ti mancava,
l'insalata era nell'orto,
Carnevale perché sei morto?".
Ma quello che più caratterizza il Carnevale è indubbiamente l'allegria, l’occasione di divertimento, il rito propiziatorio del benessere della comunità e si esprime attraverso il travestimento, le sfilate mascherate e le feste con canti, balli, scherzi e certe forme di licenziosità che hanno un originario e giustificativo carattere ritualistico.
Anche se la vita moderna ha attenuato di molto i motivi di interesse per il Carnevale, rimangono dei luoghi dove questi periodi di baldoria non sono scomparsi. In tutte le regioni d’Italia viene festeggiato con sfilate e balli in piazza, maschere tradizionali e fantastiche, coriandoli e stelle filanti, ma in alcune città i festeggiamenti sono tanto originali da richiamare turisti e visitatori provenienti da ogni parte del paese e del mondo.

A Ivrea, in Piemonte, regina della festa è la “bella Mugnaia”, eroina e simbolo di libertà, derivante da un personaggio veramente esistito, avrebbe ucciso il “Marchese Tiranno”, un fantoccio che finisce bruciato. Sembra, infatti, che durante il Medioevo sia vissuta una coraggiosa fanciulla, figlia di un mugnaio che si ribellò al tiranno che governava la città e lo uccise. Segue al rogo un imponente corteo guidato dal generale a cavallo seguito da cinque abbà con un'arancia infissa sulla spada. Tipica, in chiusura, è lotta a colpi d'arance tra squadre, la famosa “battaglia delle arance”, che però insanguina le strade solo di succo di arancia. Una vera e propria “guerra” tra le persone che si trovano sui carri e quelle che assistono alla sfilata. Battaglia che ricorda la rivolta popolare che ebbe inizio dal gesto della “bella”.
In queste gare, diffuse anche in altre città (simboleggianti sempre lotte di classe), fa sempre la sua comparsa l’arancia, a cui la leggenda popolare attribuisce poteri propiziatori.

Un altro Carnevale famoso è quello di Viareggio, in Toscana, di recente istituzione ma diventato una delle manifestazioni più famose della penisola. Si distingue dagli altri per la varietà e la grandiosità dei carri e dei fantocci simbolici realizzarti in cartapesta, raffiguranti scenette sarcastiche e satiriche, spesso ispirate al mondo politico.
La tradizione di questa particolare sfilata risale al 1873, quando alcuni ricchi borghesi della città vollero organizzare per Carnevale una sfilata di carrozze abbellite con fiori. Alcuni cittadini, in quella stessa occasione, decisero di mascherarsi per protestare contro le troppe tasse che erano costretti a pagare e presero a bersaglio dei loro ironici scherzi il capo degli esattori comunali. Da allora ogni anno questa sfilata permette di realizzare carri che interpretano alla perfezione il pensiero e il malcontento di tanta gente.
Nonostante le origini antiche di alcuni carnevali italiani, il primo carro viene costruito a Viareggio solo nel 1873. Esso fu costruito da operai portuali che, ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi, riuscirono a fabbricare strutture con un sistema di corde, cavi d’acciaio e carrucole usate nei cantieri. Queste prime opere ospitavano mascheroni realizzati in gesso e pesavano, quindi, anche parecchi quintali. Nel 1921 un carro ospitò, per la prima volta, una intera orchestra. La cosa ebbe così successo che nel 1923 alcuni carristi pensarono di far “ballare” anche i pupi, realizzando, così, i primi movimenti.
La nascita della moderna “cartapesta” e’ dovuta al Maestro Antonio D’Ariano, nel 1925, che pensò ad un nuovo sistema: ricoprire la creta con il gesso, in modo da ottenere uno stampo al negativo della figura originale, e poi mettere vari strati di carta all’interno del modello di gesso. Una volta asciugata, la sagoma in carta si staccava dal gesso senza problemi e, identica all’originale, pesava qualche chilo invece di quintali. Grazie a questa invenzione si poterono così iniziare a costruire carri immensi che sfidavano le leggi della gravità.

Venezia ospita certamente il Carnevale più famoso del nostro paese, e durante tutto il periodo le piazze, le calli e i campielli della città lagunare, si riempiono di maschere e turisti di ogni parte del mondo, che assistono alle sfilate e agli spettacoli organizzati ogni anno.
Le origini del Carnevale veneziano risalgono al X secolo, attraverso le cronache storiche sappiamo che il giorno di Giovedì Grasso si ricordava la vittoria del Doge Vitale Michiel sul patriarca di Aquileia, Ulrico, avvenuta nel 1162. Per ricordare la sconfitta subita, ogni anno i successori del Patriarca dovevano inviare al Doge un certo numero di maiali che venivano uccisi e la loro carne era distribuita tra i nobili, il clero e il popolo. Gli spettacoli continuavano con giocolieri e saltimbanchi, fuochi di artificio e il Volo dell’Angelo, detto anche della Colombina, fatto da un acrobata che saliva lungo una fune fino alla loggia del campanile di S.Marco, per poi tornare a terra con un mazzo di fiori da offrire al Doge.
Allora come oggi, il costume che simboleggiava il Carnevale era la “bauta” formata da un mantello, detto tabarro, una cappa di merletto ed un cappuccio di seta nera. Sul capo uno strano cappello a tricorno e sul viso una maschera bianca che garantiva l’incognito.
Tutti potevano mascherarsi a Carnevale, le distinzioni di ceto e di sesso cadevano, le maschere permettevano la massima libertà e soprattutto nessuna differenza.

Con il passare degli anni alcune tradizioni sono andate perdute, altre si sono adeguate alle nuove abitudini della vita, tuttavia il gusto del travestimento non è mutato, e l’originalità del Carnevale di Venezia è proprio nelle sue maschere. Infatti, oltre alla “bauta”, i veneziani hanno creato dei costumi preziosi e particolarissimi che fondono insieme lo stile e il gusto di tre diverse epoche storiche: il medioevo, il rinascimento e il settecento. Il risultato sono splendidi abiti di lucida seta color oro, nero o argento completati da mantelli di merletto e parrucche e, naturalmente, da una maschera che nasconde il viso, così che ognuno ancora oggi, come tanti secoli fa, si senta libero di ballare e divertirsi, certo di non essere riconosciuto. L’Atmosfera che si respira a Venezia è magica tutto l’anno, ma durante il Carnevale diventa ancora più speciale: gli spettacoli organizzati dappertutto, la musica e i balli in piazza S. Marco, le maschere dagli abiti multicolore, e, soprattutto, tanta voglia di divertirsi, tutto questo tra lo scintillio dell’acqua dei canali che come un’eco sembrano ripetere un ritornello vecchio ormai di secoli:

Par che ognun di carnevale

A suo modo possa far,
Par che adesso non sia male
Anche pazzo diventar….

Un altro Carnevale italiano famoso è quello di Putignano, piccolo centro pugliese. Le sue origini risalgono a tempi lontani e presenta riti popolari antichissimi che si accompagnano alle tradizionali sfilate di carri. Dà inizio al Carnevale la Festa delle Propaggini che ha luogo il 26 Dicembre, con strofe e versi umoristici e satirici, dedicati a particolari personaggi e a fatti accaduti in città. Il Martedì Grasso si può assistere al funerale di re Carnevale: il suo feretro, accompagnato dalla moglie e da donne che piangono e urlano, sfila attraverso le strade della città, e, al termine della processione, viene dato fuoco ad un fantoccio che lo rappresenta.




In Sardegna, ad Oristano, l’ultimo giorno di Carnevale, è dedicato alla Sartiglia, giostra equestre durante la quale i cavalieri vestiti con costumi tradizionali antichi e con il volto coperto da una maschera di legno, devono riuscire ad infilzare con la lancia le stelle sospese in alto. Dal numero delle stelle che i cavalieri, al galoppo, riescono ad infilare sulla lancia, i contadini del luogo riusciranno a prevedere se il raccolto dei campi sarà abbondante o scarso. Anche qui, è evidente che i riti di Carnevale rispecchiano tradizioni antiche e pagane legate alla fertilità della terra e alla riuscita del raccolto.


New Orleans ospita il Carnevale più famoso d’America e il culmine della festa avviene il “Mardi Gras”, come dicono loro. La città però si prepara ai festeggiamenti già dal sabato precedente con sfilate di carri spettacolari, maschere, bande musicali e ballerini. Dai carri vengono lanciati sugli spettatori dobloni e “beals”, collane colorate coi tipici colori del carnevale: viola, verde e giallo. Chi vuole assistere alla sfilata deve alzarsi molto presto per prender posto lungo la strada, o in alternativa può prendere parte ai festeggiamenti: per quattro giorni!! Una delle canzoni più suonate dalle bande di New Orleans durante le sfilate è “Little Brown Jug”.

Inoltre, famosi nel mondo sono il Carnevale di Rio de Janeiro, che non ha bisogno di descrizioni perché le sue ballerine sono note a tutti, Nizza, Lagosta, Cadice, Limassol, Binche, Aalborg e Maastricht.


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